L’infermiere e tutti gli operatori che offrono aiuto attraverso lo
strumento relazione non sono esenti dal provare emozioni e
sentimenti: il confronto con le emozioni dell’altro come detto nel
paragrafo precedente può risvegliare esperienze e vissuti personali che
possono allontanare o avvicinare l’infermiere al paziente.10
Se l’infermiere non è cosciente dei propri sentimenti e delle proprie
reazioni emotive è probabile che non sia in grado di controllare la
propria emotività nella relazione infermiere/paziente. Non è
eticamente corretto che l’infermiere utilizzi la relazione con il paziente
per risolvere propri problemi; a volte non c’è consapevolezza in
questo comportamento e si rischiano danni rivolti a entrambi i soggetti
della relazione.
E’ professionalmente utile che l’infermiere aiutante abbia competenza
emotiva sia rispetto a sé che rispetto al paziente, in quanto nel
processo di care non è sempre possibile lavorare per raggiungere
obiettivi o risultati stabili di cambiamento: a volte accade che il solo
aiuto possibile sia stare accanto “abitando”con il paziente il suo
territorio di sofferenza. L’infermiere potrà essere accanto nella misura
in cui avrà raggiunto la capacità di identificare e gestire
adeguatamente i propri sentimenti e le proprie emozioni, al fine di
utilizzarli nel qui e ora della relazione. Affinché un sentimento e
un’emozione non siano percepiti come minacciosi o pericolosi, è
opportuno lasciarli parlare per lasciarli uscire e andare via.
I sentimenti e le emozioni non sono né buoni né cattivi; uno stato
d’animo non è giudizio né voler far male agli altri: è l’utilizzazione
del sentimento che può essere buona o cattiva.
Imparare a esprimere i propri sentimenti favorisce la relazione, le
dona chiarezza e congruenza, fonda le basi perché questa sia efficace e
significativa. Imparare a utilizzare le emozioni e i sentimenti nel
processo di cura serve all’infermiere anche per alimentare la
motivazione e per sostenere il piacere di apprendere.
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