mercoledì 11 novembre 2015

Herpes zoster

Non di rado la diagnosi di herpes zoster viene posta in pronto soccorso. La diagnosi è generalmente clinica: basata sulla caratteristica distribuzione dermatomerica del rash cutaneo. Tipicamente infatti l’herpes zoster è unilaterale, non supera la linea mediana ed è localizzato lungo il dermatomero di un singolo ganglio sensitivo, sebbene in un quinto dei casi siano coinvolti due dermatomeri adiacenti.
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Nei casi dubbi, e in particolare nei pazienti immunodepressi, può essere necessario ricorrere ad esami diagnostici (quali la PCR sul liquido contenuto nelle vescicole, la ricerca di anticorpi con metodo ELISA e il rilevamento della carica virale del VZV su plasma [1]).
La patologia è molto frequente e nel 68% dei casi affligge pazienti con età superiore ai 50 anni, gruppo nel quale si osservano più frequentemente le complicanze VZV correlate [2].
Come noto le lesioni contengono in alta concentrazione il virus VZV ed è quindi possibile contagiare i soggetti non immunizzati per il virus, tramite il contatto diretto con il fluido contenuto nella vescicole. Il paziente inizia ad essere contagioso solo quando compaiono le vescicole e cessa di esserlo quando le stesse evolvono in  croste secche. Le misure igieniche atte a prevenire il contagio comprendono la copertura dell’eruzione cutanea, l’evitare di toccare direttamente la lesione, il lavarsi frequentemente le mani, il non condividere gli asciugamani.
Generalmente il dolore urente e le parestesie precedono di 48-72 ore le lesioni cutanee, motivo per cui nella fase iniziale la patologia è difficilmente diagnosticabile e costringe il medico ad escludere numerose altre patologie.
Lo sfogo cutaneo è inizialmente maculo-papulare, associato a linfoadenopatia regionale; successivamente compaiono le vescicole erpetiformi su fondo eritematoso, inizialmente a contenuto limpido. Di seguito il contenuto può divenire torbido, le vescicole possono andare incontro a rottura e trasformarsi in pustole, le quali vengono sostituite, nel periodo dal 10° al 12° giorno, da piccole croste che poi cadono in 2-3 settimane.  La guarigione completa della cute richiede generalmente più di quattro settimane, talvolta si osservano anche esiti cicatriziali.

Forme particolari

  • Herpes zoster nei giovani adulti
L’herpez zoster colpisce i pazienti con età inferiore a 50 anni nel 32% dei casi [2]. Sebbene colpisca più frequentemente i pazienti immunodeficienti (AIDS, malattie ematologiche, tumori solidi, malattie autoimmuni, pazienti in terapia immunosoppressiva) può presentarsi anche in soggetti sani. Pur sottolineando l’importanza di un’anamnesi e un esame obiettivo ben eseguiti, non è chiaro in letteratura quando e come si debba ricercare una possibile causa di immunodeficienza.

  • Herpes zoster multimetamerico

multimetamerico
Nello 0,1% dei casi l’herpes zoster si presenta con una distribuzione multimetamerica. In passato questa forma veniva considerata pressoché peculiare dei pazienti immunodeficienti. Tuttavia in una casistica cinese [3] solo il 47% dei pazienti con herpes zoster multimetamerico era affetto da una forma di immunodeficienza (iatrogena, HIV, cancro e altre). Nei casi descritti in letteratura l’atteggiamento dominante prevede l’esecuzione di esami diagnostici (anche in assenza di un preciso sospetto clinico) finalizzati a ricercare cause di immunodeficienza (emocromo, funzione epatica, funzione renale, glicemia, fattori del complemento C3 e C3, dosaggio immunoglobuline, sifilide, HIV, rx torace, ecografia addome completo).

  • Zoster sine herpete
In rari casi il dolore a distribuzione dermatomerica è l’unica manifestazione della patologia, in assenza dell’eruzione cutanea. Tale forma pone ovviamente problemi di diagnosi differenziale, motivo per cui può rendersi necessario ricorrere a esami diagnostici (su liquor o su sangue [4,5]) per inquadrare correttamente il caso.

  • Herpes zoster oftalmico
oftalmico
Dal 10 al 20% dei casi l’herpes zoster coinvolge la branca oftalmica del nervo trigemino. Il virus può potenzialmente dannneggiare tutte le strutture dell’occhio, causando congiuntivi, cheratiti, iridocicliti, retiniti, mettendo a rischio la vista del paziente.
Precocemente compaiono vescicole sulla punta e sulle ali del naso (cosidetto segno di Hutchinson).
Questa forma di zoster è particolarmente aggressiva e necessita di terapia antivirale anche quando sono passate più di 72 ore dall’esordio, oltre a una visita oculistica urgente.

  • Sindrome di Ramsay Hunt
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La sindrome di Ramsay Hunt (herpez zoster oticus) si verifca quando è coinvolto il gangio genicolato. Si manifesta con una sintomatologia simil-influenzale associata a un’otalgia trafittivo-urente. Da 3 a 7 giorni dopo l’insorgenza del dolore appare il rash vescicolare che coinvolge il padiglione auricolare, la parte postero-superiore del condotto uditivo esterno, la membrana timpanica, il palato molle e i 2/3 anteriori della lingua. Alle manifestazioni cutanee possono variabilmente associarsi la sordità unilaterale, gli acufeni, una sindrome vertiginosa armonica e la paralisi periferica del VII nervo cranico. Alcuni casi di paralisi di Bell possono essere in realtà forme di zoster sine herpete coinvolgenti il nervo facciale.

  • Herpez zoster disseminato
Tale forma si osserva principalmente nei pazienti immunocompromessi. Generalmente esordisce con l’eruzione dermatomerica, ma talvolta l’eruzione cutanea può essere diffusa, simile alla varicella. Il tasso di mortalità varia dal 5% al 15%  e la maggior parte dei decessi sono ascrivibili a infezioni delle vie respiratorie [1].

TERAPIA
Terapia antivirale
La terapia con antivirali contribuisce ad accelerare la guarigione delle lesioni cutanee e a ridurre la severità e la durata del dolore. Riguardo la capacità di prevenire la nevralgia post-erpetica i dati sono discordanti. E’ specificatamente indicata nei pazienti con età superiore ai 50 anni, nei casi con dolore di intensità moderata-severa e nelle forme coinvolgenti i nervi cranici.
Generalmente è tanto più efficace quanto più precocemente viene iniziata. Idealmente andrebbe infatti intrapresa entro 72 ore dall’inizio della sintomatologia.  Sebbene non vi siano studi che abbiano sistematicamente dimostrato l’efficacia dell’antivirale iniziato dopo le 72 ore, gli esperti consigliano di ricorrere comunque alla terapia, in particolare quando continuano a comparire nuove lesioni cutanee e nei pazienti ad alto rischio di complicanze [7].
Valaciclovir (Talavir, Zelitrex) e famciclovir (Famvir) vanno assunti tre volte al giorno e sono quindi da preferire quando si prospetta una scarsa aderenza alla terapia.
L’acyclovir (Zovirax) è meno efficace nel ridurre il dolore [8] e va assunto cinque volte al giorno, motivo per cui non è più generalmente considerato il farmaco di riferimento.  Tuttavia è ben tollerato, generalmente sicuro e meno costoso del valaciclovir (40 euro vs 63 euro) [9].
Una recente review della Cochrane ha mostrato che l’aciclovir non riduce in modo significativo l’incidenza della nevralgia post-erpetica, mentre vi sono dati insufficienti per determinare l’efficacia preventiva del valaciclovir e del famiciclovir [10].
La brivudina (Zecovir) è invece un analogo nucleosidico pirimidinico (a differenza dell’aciclovir che è un analogo nucleosidico purinico) indicato esclusivamente per l’infezione da VZV. Gli studi effettuati hanno dimostrato una riduzione statisticamente significativa (da 17 a 13 ore rispetto all’aciclovir) del tempo di eruzione di nuove lesioni vescicolose da VZV, a parità di effetti collaterali. Il tempo di crostizzazione delle lesioni e di scomparsa del dolore associato alla fase acuta sono simili per brivudina e aciclovir [11]. Deboli evidenze supportano inoltre la superiorità della brivudina nel ridurre il rischio di sviluppare la nevralgia post-erpetica [12].
Nonostante l’inizio precoce della terapia antivirale molti pazienti patiscono comunque un dolore persistente e un peggioramento della qualità di vita [13].
I pazienti immunodepressi sono a maggior rischio di sviluppare complicanze e può rendersi necessario il ricovero per permettere una terapia endovenosa (aciclovir 10 mg/kg ogni 8 ore).

antivirali
[14]
Terapia steroidea
Il prednisolone quando associato all’antivirale riduce l’intensità del dolore (risk ratio, 3.15 [CI, 1.69 to 5.89]), accelera la guarigione delle lesioni cutanee e permette un più rapido ritorno a una vita attiva (risk ratio, 3.22 [CI, 1.92 to 5.40]) [15]. La terapia steroidea andrebbe quindi considerata nei pazienti con una importante sintomatologia dolorosa e che non presentano controindicazioni maggiori. La terapia steroidea non è però in grado di prevenire l’insorgenza della nevralgia post-erpetica.
Terapia antalgica e nevralgia post-erpetica
La nevralgia post-erpetica è la complicanza più comune dell’herpes zoster ed è generalmente definita come un dolore neuropatico, persistente o ricorrente, che perdura 3 mesi dopo la guarigione delle lesioni cutanee. E’ più frequente nei pazienti anziani (20% dei pazienti >80 anni [1]) e nelle forme oftalmiche. Il dolore è particolarmente debilitante: anche lo sfregamento dei vesiti sulla cute può provocare intenso dolore (allodinia).
I principi attivi impiegati per il controllo del dolore acuto da herpes zoster possono essere utilizzati anche nella nevralgia post erpetica. Gli antinfiammatori non steroidei sono generamente poco efficaci e spesso si impone il ricorso agli oppioidi, iniziando da dosi basse e aggiustando nel tempo la posologia.  Poiché si potrebbe rendere necessaria una terapia prolungata bisognerà raccomandare al paziente lassativi al fine di prevenire la stipsi da oppiodi.
Molteplici studi hanno dimostrato l’efficacia degli antidepressivi triciclici (nortriptilina e amitriptilina) [16], tuttavia tale classe di farmaci è associata a una varietà di effetti collaterali importanti quali la sedazione e l’aumentato rischio di aritmie cardiache. Prima di ricorrere a tali farmaci si impone quindi un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. Un’alternativa, meno efficace ma allo stesso tempo più sicura, sono gli inibitori della ricaptazione della serotonina.
Gli anticonvulsivanti di nuova generazione pregabalin e gabapentin sono in grado di alleviare il dolore [17, 18],  presentando un profilo di sicurezza migliore rispetto agli antidepressivi triciclici.
Nelle forme con allodinia è utile inoltre eseguire medicazioni con pomate a base di lidocaina (Luan) [19].
Perché viene comunemente chiamato “fuoco di Sant’Antonio”?
Perché Sant’Antonio Abate è considerato il protettore di tutte le persone che hanno a che fare con il fuoco. Il racconto narra che il Santo si recò addirittura all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori. In passato con il termine “fuoco di Sant’Antonio” si intendeva anche l’ergotismo e più in generale tutte le gangrene.

Sacro Fuoco di Sant'Antonio di Bagnaia
Sacro Fuoco di Sant’Antonio di Bagnaia

Domande aperte inerenti la pratica clinica
  • Al paziente che si presenta con un quadro clinico compatibile con herpes zoster richiedete esami ematochimici in pronto soccorso? Quali esami richiedete? Sempre o solo in alcune circostanze?
  • Come gestite il paziente giovane con Herpes zoster?
  • Quale antivirale preferite?
  • Quale terapia antalgica impostate inizialmente?

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