“Ridere fa buon sangue”, dice un vecchio proverbio. Ridere fa bene al cuore, conferma un’originale ricerca scientifica presentata a Orlando, in Florida, all’American College of Cardiology. La risata è un vero e proprio farmaco, suggeriscono i ricercatori, con tanto di indicazioni.
Dosaggio: una somministrazione di quindici minuti al giorno.
Effetti: miglioramento della circolazione del sangue e prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Controindicazioni: nessuna.
Una medicina che va bene per tutti, grandi e piccoli, uomini e donne. La terapia del sorriso non è una novità: tutti ormai conoscono la storia di Patch Adams, il medico americano con il naso da clown che prima ha intuito, poi trasformato in cura il potere benefico della risata.
Ridere stimola in pratica una migliore reattività alla malattia, accelerando il processo di guarigione, agevolando le cure mediche e rendendole più efficaci. Con quanto detto però, non si vuole asserire che il sorriso porti ad una guarigione certa, cosa che infatti non è stata confermata da nessuna ricerca scientifica. Sicuramente il sorriso non è la pozione magica che ci farà guarire, ma rappresenta quella chiave nella porta che, se girata nel momento giusto, ce la può far aprire, mostrando altri modi per vivere la sofferenza che possono aiutare a superare in modo migliore le malattie e il dolore.
Ho condotto un’indagine conoscitiva nelle Unità Operative dei Presidi Ospedalieri di Barletta, Andria, Trani e Canosa al fine di esaminare la situazione esistente rispetto al fenomeno e modificare le modalità di erogazione dell’assistenza attraverso l’elaborazione di programmi di miglioramento.
Ho utilizzato come metodo di rilevazione dei dati una ricerca mista ovvero sia quantitativa (caratterizzata dalla raccolta di informazioni numeriche e dalla loro analisi attraverso procedure statistiche), sia qualitativa (caratterizzata dalla raccolta di dati come caratteristiche, sentimenti, emozioni e opinioni dei diversi soggetti).
Gli strumenti d’ indagine utilizzati sono stati due questionari, di cui uno rivolto al personale infermieristico mentre l’altro rivolto agli utenti e ai loro familiari.
L’invio dei questionari è stato anticipato da una telefonata a tutti i coordinatori infermieristici delle diverse Unità Operative, ed è stato accompagnato da una lettera di presentazione dove è stato indicato chi ha condotto lo studio, l’obiettivo dell’indagine e l’ utilizzo che è stato fatto dei dati ottenuti. L’invio dei questionari rivolti al personale infermieristico è avvenuto per fax o per email agli inizi di Settembre 2011, e la raccolta è terminata alla fine di Settembre 2011. Con tale questionario si è cercato di:
- valutare le modalità con cui l’ infermiere entra in relazione con il paziente;
- di evidenziare le principali difficoltà relazionali;
- di verificare le conoscenze dell’ infermiere riguardanti gli effetti benefici provocati sull’organismo dalle emozioni positive (il sorriso, l’allegria, la comicità…);
- verificare la loro opinione circa l’ utilizzo della terapia del sorriso nell’assistere i pazienti.
Il secondo questionario, ovvero quello rivolto agli utenti e ai loro familiari, è stato distribuito personalmente e la sua compilazione è avvenuta in presenza della ricercatrice, talvolta leggendo le domande formulate, date le difficoltà dovute all’alfabetizzazione (soprattutto per i pazienti anziani) e lo stato clinico. Con tale questionario si è cercato di:
- verificare come l’infermiere si pone nei confronti del paziente;
- verificare se le modalità utilizzate dall’infermiere creano disagio per il paziente, ed ostacolano il relazionarsi con tale figura professionale;
- valutare quali sono le sensazioni ed emozioni conseguenti all’ospedalizzazione;
- verificare se l’infermiere è in grado di gestire tali emozioni e sensazioni;
- verificare se, per il paziente, l’ utilizzo del sorriso può essere uno strumento utile per facilitare la comunicazione con il personale sanitario;
- valutare cosa ne pensano i pazienti e i loro familiari circa l’utilizzo della terapia del sorriso, e soprattutto valutare se ritengono che questa possa essere utile per migliorare il loro stato di salute, nonché per il loro benessere bio-psico-sociale.
La strategia di campionamento utilizzata è stata la randomizzazione semplice, ovvero l assegnazione casuale del campione per evitare che questa potesse essere, anche involontariamente, influenzata dalle aspettative del ricercatore, ed anche per garantire a tutti i soggetti la possibilità di poter essere inclusi nel campione.
Infermieri ed utenti a confronto
Infermieri | Utenti |
Come si evince dai grafici sovrastanti la relazione infermiere – utente è importante sia per gli infermieri, sia per gli utenti, infatti questi ultimi hanno dichiarato che la caratteristica più importante di cui dovrebbe essere in possesso l’infermiere è proprio la capacità relazionale. Ne deriva quindi che è importante non solo l’acquisizione di competenze tecniche e professionali, ma soprattutto è fondamentale l’approccio umano con il paziente. All’infermiere i malati chiedono di prendersi cura non solo dei loro corpi, ma anche di ciò che essi sono: vogliono essere capiti; vogliono entrare in contatto; vogliono essere lavati da un infermiere che non sa soltanto lavarli bene, ma che li capisce mentre li sta lavando, che li ascolta e che sa comunicare con loro anche senza parole.
Infermieri | Utenti |
Da tale confronto si deduce che la relazione infermiere-utente può essere favorita dall’utilizzo di atteggiamenti giocosi e sorridenti. Si tratta di un dato riscontrato sia tra gli infermieri, sia tra gli utenti i quali hanno sostenuto di preferire l’incontro con un infermiere che abbia un atteggiamento gioioso e sorridente piuttosto che un atteggiamento formale. A tal proposito si può ricordare che uno degli scopi della terapia del sorriso è proprio questo, ovvero utilizzare tali atteggiamenti per ridimensionare la distanza tra l’infermiere e il paziente, al fine di promuove la presa in carico della persona nella sua globalità.
Infermieri | Utenti |
Confrontando questi due grafici si desume che una parte degli intervistati (il 5% degli infermieri e il 32% degli utenti) non ha mai sentito parlare della sorriso-terapia. Questi dati confermano la mia ipotesi iniziale, ovvero l’ipotesi secondo la quale la sottovalutazione della terapia del sorriso è dovuta talvolta alla mancata conoscenza della positività dei suoi interventi. Alla luce di tutto ciò ho voluto evidenziare l’utilità della terapia del sorriso attraverso la presentazione dei risultati ottenuti dai diversi studi e dalle diverse ricerche scientifiche, affinché la professione infermieristica possa utilizzarli.
Infermieri | Utenti |
Dai due grafici sovrastanti emerge che gli infermieri, così come gli utenti, ritengono che il sorriso possa essere uno strumento utile per contrastare la paura, l’ansia, lo stress e la tensione conseguenti all’evento traumatico dato dall’ospedalizzazione, considerata un’esperienza di vita estremamente negativa in quanto i pazienti vengono strappati dalla loro vita quotidiana, a causa di improvvise e diverse patologie, e si ritrovano catapultati in un ambiente che non è il loro, con persone diverse dai loro cari.
Sulla base di tali evidenze mi auguro che l’introduzione della terapia del sorriso possa man mano diffondersi, superando le diffidenze. Cosa possiamo fare per mutare le cose? A mio avviso, suggerimenti utili potrebbero essere i seguenti:
- promuovere corsi di formazione ECM rivolti al personale infermieristico che permettano loro di conoscere l’ importanza, le finalità e gli obiettivi della terapia del sorriso e che permettano inoltre, di imparare ad utilizzare l’ umorismo e a mettersi in gioco. Mettersi in gioco significa soprattutto imparare ad ascoltare e comprendere le persone in difficoltà, saperle orientare, rassicurare, farle sentire protette lasciando spazio alle emozioni positive. Si tratta di un passo avanti notevole dal quale trae vantaggio non solo l’ utente, ma anche il professionista sanitario;
- favorire la de-burocratizzazione delle strutture sanitarie lasciando spazio alla cromoterapia, ad esempio promuovendo innovazioni come il cambio di colore delle divise degli infermieri, infatti si potrebbero creare divise un po’ diverse da indossare in reparto, senza stravolgerle completamente. Indossare divise e calzature disegnate con colori vivaci può essere un ottimo modo per trasmettere al paziente una tranquillità e una serenità emotiva che possono aiutarlo ad abbassare il livello di ansia e di stress psico-fisico che può avere in quel momento. Talvolta la divisa bianca può essere vista in modo troppo formale e questo potrebbe comportare un allontanamento da parte dei pazienti e dei loro familiari. Ne deriva quindi che indossare una divisa allegra non significa venir meno alla propria professionalità e non deve neppure servire per sottovalutare le patologie e la sofferenza del paziente, ma è semplicemente una modalità utile per avvicinarsi al paziente e cercare di favorire un primo contatto. Sempre ai fini della de-burocratizzazione si potrebbe procedere con l’ allestire in ogni reparto luoghi di divertimento dove i pazienti e il personale sanitario possono trascorrere del tempo, ed anche inserire luci soffuse accompagnate da musiche piacevoli in quanto queste aiuterebbero ad abbassare i livelli di stress psico-fisico;
- favorire la cooperazione tra clown – dottori e clown – infermieri al fine di dar luogo alla continuità terapeutica;
- introdurre la terapia del sorriso nel piano di studi del Corso di laurea in infermieristica al fine di approfondire le arti della Clown-terapia;
- cercare di mutare l’accoglienza infermieristica la quale molto spesso viene messa in secondo piano. Al contrario presentarsi con un sorriso sul volto faciliterebbe l’ inizio di un buon rapporto di fiducia con il paziente. Quando parlo di sorriso, non mi voglio soffermare solo ad una semplice distensione del volto di chi fa assistenza. I modi per presentarsi alla persona da assistere sono molteplici e tutti professionali. Ad esempio accogliere il paziente facendo una battuta ironica può essere un buon modo per avviare il processo di assistenza e portare la persona verso una risata che lo aiuterà ad allentare tutta la tensione accumulata fino a quel momento e porterà il soggetto all’enunciazione del suo problema e del suo malessere, dandoci, così, l’opportunità di procedere con l’accertamento. Così facendo la persona tenderà anche a richiamare “l’infermiere che lo fa ridere” nei suoi momenti di necessità e ciò porta a sviluppare quel rapporto di fiducia che consente una completa presa in carico della persona.
Il divertimento dunque, non deve essere vissuto come un incompetenza, come una modalità per arginare e sottovalutare il sapere e il saper fare dell’infermiere, ma, anzi, deve essere visto come un metodo che conduce l’infermiere ad agire in modo più responsabile e competente.
Ridere è una cosa seria!!!!!!!!!!!
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