mercoledì 2 dicembre 2015

Fibrillazione Atriale, interpretazione Ecg e nuove frontiere


I risultati della survey italiana sui percorsi diagnostici e terapeutici per la cura della fibrillazione atriale (studioISAF: Italian Survey of Atrial Fibrillation) pubblicati sull’American Journal of Cardiology, hanno evidenziato exit-pool differenti rispetto a studi precedenti.
La FA è una tachiaritmia sopraventricolare caratterizzata da un’attività elettrica atriale caotica e irregolare che determina la perdita della funzione meccanica della contrazione atriale. La diagnosi di FA è elettrocardiografica:
  • il primo elemento che caratterizza la FA all’elettrocardiogramma (ECG) è la scomparsa delle onde di attivazione atriale (onde P), che vengono sostituite da rapide oscillazioni della linea isoelettrica, dette onde di fibrillazione (onde f). Le onde f sono del tutto irregolari, con continue variazioni di forma, di voltaggio e degli intervalli f-f, hanno frequenza molto elevata (400-600/minuto) e durano per tutto il ciclo cardiaco (sono continue), determinando un aspetto frastagliato della linea isoelettrica;
  • il secondo elemento caratteristico della FA è l’irregolarità degli intervalli R-R. In corso di FA un grande numero di impulsi di origine atriale raggiunge la giunzione atrio-ventricolare (AV), ma solo una parte di essi si trasmette effettivamente ai ventricoli. La quantità di impulsi che raggiunge i ventricoli dipende, infatti, dalle caratteristiche elettrofisiologiche del nodo AV e delle altre porzioni del sistema di conduzione, dalla presenza di eventuali vie accessorie, dal tono del sistema nervoso autonomo e dall’azione di farmaci concomitanti. Tutte queste variabili contribuiscono alla costante variazione di durata degli intervalli R-R. In sintesi, i due elementi fondamentali per la diagnosi di FA sono rappresentati dall’assenza di onde P e dalla irregolarità degli intervalli R-R!
Nel 55,5% dei casi si tratta di FA permanente o cronica, nel 24,3% persistente e nel 20,2% parossistica. L’analisi per aree geografiche ha evidenziato un tasso di prevalenza decrescente da Nord a Sud passando dal 2,4% di FA nelle regioni settentrionali all’1,8-1,9% in quelle meridionali e nelle Isole. Come atteso le percentuali di pazienti con FA aumentavano al crescere dell’età: con una prevalenza dello 0,16% nel sottogruppo di pazienti con età compresa tra i 16 e i 50 anni, del 4-5% nel sottogruppo con età tra 65 e i 75 anni, 9,0% nel sottogruppo con età tra i 76 e 85 anni e del 10,7% nel sottogruppo con età ≥ 85 anni.
I dati raccolti evidenziano infatti che il 75% dei pazienti con FA presenta ipertensione arteriosa, il 26,8% insufficienza renale, il 25% diabete e il 20-25% broncopneumopatie ostruttive croniche e il 25% scompenso cardiaco.
I pazienti con FA sono infatti più a rischio di sviluppare eventi tromboembolici e di sviluppare deficit cognitivo e demenza. Dei pazienti screenati nella nostra survey, il 18% aveva avuto un TIA o un ictus e il 15% una diagnosi di disturbi cognitivi.
Lo CHA2DS2-VASc è un nuovo score per la prevenzione dell’ictus nel paziente con fibrillazione atriale. Il nuovo Score, già validato dalle linee guida sulla fibrillazione atriale, e’ stato valutato in uno studio di coorte di grosse dimensioni e i dati sono stati riportati online il 31 gennaio 2011 su BMJEsso permette anche l’individuazione dei pazienti potenzialmente a basso rischio e non candidabili alla terapia anticoagulante.
Negli ultimi due decenni la fibrillazione atriale (FA) è divenuta nei paesi a maggiore sviluppo economico uno tra i più importanti problemi di salute pubblica ed una delle maggiori cause di spesa per i sistemi sanitari. I dati ricavati dallo studio ISAF confermano che la prevalenza della FA è in continua crescita e almeno in Italia è doppia rispetto a quanto riscontrato nel passato decennio. Inoltre, il carico di FA si conferma esseremaggiore tra i maschi rispetto alle femmine. Nel mondo reale la strategia terapeutica più frequentemente seguita per gestire i pazienti con FA è quella del controllo della frequenza (51-56% dei casi). Tali percentuali variano in funzione delle caratteristiche dei medici che gestiscono i pazienti (cardiologi, internisti, medici di medicina generale). La terapia anticoagulante orale per la riduzione del rischio tromboembolico sembra utilizzata in misura non ancora ottimale, almeno in sottogruppi di pazienti. Dai dati esposti appare che esiste la necessità di migliorare i percorsi gestionali della FA.
La FA può e deve essere considerata una endemia: soprattutto nella popolazione con più di 65 anni la prevalenza della FA è destinata ad aumentare. Si stima che se oggi in Europa su 500 milioni di persone circa 10 milioni hanno la FA, nel 2030 saranno 15-20 milioni più o meno. Da questi pronostici deriva la constatazione che i costi sanitari della FA andranno continuamente aumentando.
Il costo medio della gestione del paziente con FA è di 3.000-3.200 euro all’anno!!!
Ma il problema della gestione della FA non è solo economico; è ancor prima un problema di tipo organizzativo che dobbiamo valutare alla luce di queste previsioni potenziando i programmi di educazione e formazione del personale sanitario coinvolto.

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