mercoledì 2 dicembre 2015

La scabbia: gestione del paziente!

La scabbia è un’infestazione dovuta a Sarcoptes scabiei var. homini, un acaro parassita. Il suo ciclo evolutivo si compie interamente nell’uomo: la femmina rimane sotto la superficie della cute per la durata del ciclo vitale, in genere 30 giorni, deponendo almeno 50 uova nei cunicoli. Le larve attive emergono dopo 3-4 giorni e invadono la cute circostante. Questo genere di acaro è in grado di andare a creare nel soggetto che ne viene in contatto un prurito prolungato e delle lesioni tipiche che vanno sin da subito curate per evitare problemi ancor più gravi successivamente. La fonte più comune di trasmissione della scabbia è il contatto prolungato con un individuo infestato. Occorrono da 15 a 20 minuti di contatto perché si verifichi la trasmissione diretta. La trasmissione intrafamiliare è frequente anche perché i sintomi si possono manifestare diverse settimane dopo il contagio. Le persone contagiate possono trasmettere la malattia anche se sono ancora asintomatiche. Il contagio può avvenire tra gli individui che vivono o frequentano comunità, dove il contatto tra le persone è ravvicinato (istituti di lunga degenza, asili nido, caserme, eccetera), nei bambini delle scuole materne attraverso la compresenza nei lettini durante il riposino, oppure scambiando abiti o cappelli; il contagio in una classe di scuola elementare è invece improbabile. I bambini sono altamente suscettibili a causa del loro contatto ravvicinato e della loro pelle che ha lo strato corneo più sottile. Il contagio indiretto è raro, può avvenire attraverso il passaggio dell’acaro alla biancheria e lenzuola se sono stati contaminati da poco dal malato; in genere la sopravvivenza lontano dalla cute dell’uomo è al massimo di una giornata per l’acaro e di circa 10 giorni per le uova.
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La diagnosi viene effettuata con l’esame obiettivo: il sintomo caratteristico della scabbia è il prurito, mentre il segno clinico esclusivo è il cunicolo, che appare come una sottile rilevatezza lineare della cute, di 2-5 mm di lunghezza. I cunicoli si trovano prevalentemente negli spazi tra le dita, sui polsi e sui gomiti, ma possono essere rinvenuti sui piedi, sulle caviglie, sui genitali (nei maschi), sui capezzoli e sul palmo delle mani. Nelle persone più anziane, l’infestazione può avere una distribuzione più ampia.
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Nei bambini al di sotto dei 2 anni di età, l’infestazione spesso si presenta sotto forma di vescicole e interessa aree del volto, della testa, del collo, del cuoio capelluto, della pianta dei piedi e le zone retroauricolari. La scabbia raramente colpisce i bambini con meno di 2 mesi.
Questi segni sono accompagnati da intenso prurito che in genere aumenta di notte quando la persona è al caldo nel letto. Una minoranza di persone sviluppa la scabbia “crostosa” (originariamente chiamata scabbia Norvegese), che si presenta in modo caratteristico con lesioni crostose sulle mani, i piedi, il cuoio capelluto, le orecchie e le aree sotto le unghie. Questa forma dell’infestazione può essere asintomatica e, occasionalmente, assomiglia ad un eczema o a una psoriasi. E’ più frequente nei pazienti immunodepressi oppure ospiti presso strutture assistenziali. I numerosi acari trovati nei pazienti con scabbia norvegese favoriscono la trasmissione attraverso l’ambiente.
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Il trattamento si basa sull’applicazione di prodotti che uccidono l’acaro responsabile (acaricidi). La terapia di prima scelta è a base di permetrina al 5% in crema da applicare su tutto il corpo e rimossa con acqua dopo 8-14 ore. La permetrina è l’unico trattamento raccomandato anche in gravidanza e allattamento. In alternativa c’è l’ivermectina per via orale (200 mcg/kg) da ripetersi dopo 2 settimane. L’ivermectina è però controindicata in gravidanza e allattamento. L’applicazione per via topica deve essere effettuata con cura ricoprendo tutto il corpo dal collo sino alla punta delle dita dei piedi, comprese le regioni palmari, plantari e la regione inguinale, con l’eccezione del viso e del cuoio capelluto. Ai pazienti va detto di evitare il bagno caldo prima di applicare il trattamento topico, dal momento che questo potrebbe favorire l’assorbimento dell’acaricida e il suo passaggio nel circolo sistemico, rimuovendolo dalla sede di azione cutanea e aumentando il rischio di effetti indesiderati sistemici. Per trattare il prurito si può ricorrere a emollienti in maniera intensiva oppure può essere necessario cambiare la terapia acaricida. Al termine della cura può persistere il prurito (anche 15 giorni dopo la terapia) perché il trattamento uccide l’acaro ma il suo corpo rimane nella cute e continua a creare uno stimolo allergico. Per il prurito, una volta che la scabbia sia stata trattata possono essere utili i corticosteroidi topici e a volte gli antistaminici per bocca.
Per prevenire un’epidemia si raccomanda di evitare il contatto diretto con le persone infestate; è opportuno trattare tutte le persone a stretto contatto con la persona affetta da scabbia, il/la partner sessuale e tutti i familiari, chi abita nello stesso locale o appartamento, anche se apparentemente non manifesta i sintomi della malattia. Inoltre andrebbero trattate le persone a stretto contatto con un nucleo familiare infestato, quali amici molto stretti, collaboratrici domestiche o compagni di classe dei figli, se frequentano la casa.
Gli operatori, i parenti e gli assistenti devono utilizzare dispositivi di protezione individuale (guanti, camici e copriscarpe) durante l’assistenza e pulizia della stanza. Se si utilizzano presidi non monouso, prima dell’uso su altri pazienti vanno lavati con acqua e sapone e disinfettati con una soluzione di cloroderivati a 1.000 ppm. I locali, i tappeti e i mobili imbottiti utilizzati da un soggetto affetto da scabbia crostosa devono essere puliti e aspirati dopo l’uso e il sacchetto dell’aspirapolvere va immediatamente scartato.

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