Da nord a sud del nostro paese
ciclicamente viene alla luce sugli organi di stampa l’annoso problema
del sovraffollamento dei pronto soccorsi puntualmente aggravato dalla
cronica mancanza di infermieri e medici
Questa situazione ha avviato anche
diverse campagna di sensibilizzazione sull’uso appropriato dei pronto
soccorso cercando di combattere il loro sovraffollamento.
Cosa fare quindi per migliorare la situazione generale?
Come si potrà uscire da questa empasse? Quali le strategie
organizzative da adottare?
Per prima cosa dobbiamo, per onestà intellettuale, dire che il
problema non è di facile soluzione almeno nell’immediato e che il
progredire verso la stagione fredda non potrà che aggravare la
situazione.
Dobbiamo dire altresì che il numero dei posti letto per acuti
in proporzione alla popolazione nel nostro paese anche dopo il riassetto
ed i tagli effettuati negli ultimi anni è in linea se non tra i più
alti rispetto alla media europea.
Quindi il problema non sta nemmeno nella carenza dei posti
letto, ma semmai nel loro utilizzo. Altro capitolo che merita di essere
citato è la cosiddetta “medicina difensiva” che vede coinvolti medici e
infermieri in prima linea, che per non incorrere in problemi legali,
aumentano di fatto la mole di lavoro e la permanenza degli utenti
all’interno dei Pronto Soccorso.
Detto questo possiamo affermare senza temere di essere
smentiti che alla base di tutto c’è un problema culturale duro a morire,
la nostra sanità è sempre stata e rimane una sanità di tipo
medico-centrica e quindi ospedale-centrica per cui il centro di tutto è l’ospedale e la malattia.
Al di fuori di questo, nei territori laddove le persone vivono
il loro disagio e/o la loro malattia c’è il nulla…mancano strutture e
sistemi organizzativi in grado di gestire urgenze minori o la cronicità,
e questo non fa altro che scaricare tutto sui pronto soccorso.
Servono politiche sanitaria che investano in modelli nuovi
organizzativi, innovativi e che non riducano il SSN ad un bancomat per i
governi bisognosi di coprire deficit.
Servono investimenti per creare una rete territoriale di
copertura per le cronicità e la gestione di urgenze minori (i così detti
codici verdi e bianchi), mettendo al centro dell’azione assistenziale i
bisogni di salute e non più la malattia…così come avviene in altri
paesi europei, dimostrando nei numeri di produrre outcome positivi per i
cittadini.
Dare più spazio alle competenze degli infermieri nella gestione
delle cronicità e della disabilità, implementando l’infermieristica di
famiglia e di comunità, attraverso le “Case della salute”.
Immaginate se nei P.S. iniziassero a giungere solo i codici gialli e rossi come cambierebbe la situazione…
Tutto questo sarà possibile solamente se la politica avrà il
coraggio, la forza e soprattutto l’indipendenza di affrontare questo
fondamentale snodo che certamente non rappresenta una soluzione
immediata, ma una soluzione a medio e lungo termine, ma tanto urgente
quanto inevitabile che porterà ad una soluzione reale.
Nell’immediato dal punto di vista organizzativo
certamente si possono migliorare e meglio organizzare gli spazi e le
dotazioni tecnologiche dei singoli P.S., certamente si possono
completare e ampliare le piante organiche di medici ed infermieri,
certamente qualche cosa si può fare, ma qualunque strada si intraprende
non sono altro che palliativi, toppe sullo scafo di una nave che imbarca
acqua da tutte le parti.
Noi infermieri siamo da tempo pronti ed abbiamo acquisito anche le competenze per fare questo salto di qualità…
Lanciamo questa sfida coscienti del fatto che, o si avrà il
coraggio e l’indipendenza necessaria per realizzare nuove politiche….o
altrimenti il fallimento dell’intero SSN è alle porte!
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