domenica 18 settembre 2016

E se nei Pronto Soccorso iniziassero a giungere solo i codici gialli e rossi?

Da nord a sud del nostro paese ciclicamente viene alla luce sugli organi di stampa l’annoso problema del sovraffollamento dei pronto soccorsi puntualmente aggravato dalla cronica mancanza di infermieri e medici

Questa situazione ha avviato anche diverse campagna di sensibilizzazione sull’uso appropriato dei pronto soccorso cercando di combattere il loro sovraffollamento.
Cosa fare quindi per migliorare la situazione generale? Come si potrà uscire da questa empasse? Quali le strategie organizzative da adottare?
Per prima cosa dobbiamo, per onestà intellettuale, dire che il problema non è di facile soluzione almeno nell’immediato e che il progredire verso la stagione fredda non potrà che aggravare la situazione.
Dobbiamo dire altresì che il numero dei posti letto per acuti in proporzione alla popolazione nel nostro paese anche dopo il riassetto ed i tagli effettuati negli ultimi anni è in linea se non tra i più alti rispetto alla media europea.
Quindi il problema non sta nemmeno nella carenza dei posti letto, ma semmai nel loro utilizzo. Altro capitolo che merita di essere citato è la cosiddetta  “medicina difensiva” che vede coinvolti medici e infermieri in prima linea, che per non incorrere in problemi legali, aumentano di fatto la mole di lavoro e la permanenza degli utenti all’interno dei Pronto Soccorso.
Detto questo possiamo affermare senza temere di essere smentiti che alla base di tutto c’è un problema culturale duro a morire, la nostra sanità è sempre stata e rimane una sanità di tipo medico-centrica e quindi ospedale-centrica per cui il centro di tutto è l’ospedale e la malattia.
Al di fuori di questo, nei territori laddove le persone vivono il loro disagio e/o la loro malattia c’è il nulla…mancano strutture e sistemi organizzativi in grado di gestire urgenze minori o la cronicità, e questo non fa altro che scaricare tutto sui pronto soccorso.
Servono politiche sanitaria che investano in modelli nuovi organizzativi, innovativi e che non riducano il SSN ad un bancomat per i governi bisognosi di coprire deficit.
Servono investimenti per creare una rete territoriale di copertura per le cronicità e la gestione di urgenze minori (i così detti codici verdi e bianchi), mettendo al centro dell’azione assistenziale i bisogni di salute e non più la malattia…così come avviene in altri paesi europei, dimostrando nei numeri di produrre outcome positivi per i cittadini.
Dare più spazio alle competenze degli infermieri nella gestione delle cronicità e della disabilità, implementando l’infermieristica di famiglia e di comunità, attraverso le “Case della salute”.
Immaginate se nei P.S. iniziassero a giungere solo i codici gialli e rossi come cambierebbe la situazione…
Tutto questo sarà possibile solamente se la politica avrà il coraggio, la forza e soprattutto l’indipendenza di affrontare questo fondamentale snodo che certamente non rappresenta una soluzione immediata, ma una soluzione a medio e lungo termine, ma tanto urgente quanto inevitabile che porterà ad una soluzione reale.
Nell’immediato dal punto di vista organizzativo certamente si possono migliorare e meglio organizzare gli spazi e le dotazioni tecnologiche dei singoli P.S., certamente si possono completare e ampliare le piante organiche di medici ed infermieri, certamente qualche cosa si può fare, ma qualunque strada si intraprende non sono altro che palliativi, toppe sullo scafo di una nave che imbarca acqua da tutte le parti.
Noi infermieri siamo da tempo pronti ed abbiamo acquisito anche le competenze per fare questo salto di qualità…
Lanciamo questa sfida coscienti del fatto che, o si avrà il coraggio e l’indipendenza necessaria per realizzare nuove politiche….o altrimenti il fallimento dell’intero SSN è alle porte!

sabato 17 settembre 2016

Globo vescicale, questione di tatto e pianificazione

Quando parliamo di globo vescicale ci riferiamo ad un aspetto morfologico che si crea con una ritenzione acuta di urina.
Riconoscere un globo vescicale è relativamente semplice quando il nostro paziente è magro, come si vede nella foto e nell'ecografia gli esami sono utili per avere un ulteriore conferma di qualcosa evidente alla vista e al tatto.
ritenzione urinaria o globo vescicale
ecografia globo vescicale

Immagini tratte da wikipedia (LINK).
L'ecografia conferma in modo evidente qualcosa che si può verificare al tatto, se abbiamo una vescica piena o una massa solida toccando con mano la sede la distinzione è netta.
In paziente magro è semplice ma quando la massa aumenta o le condizioni cliniche si fanno più complesse e non è più così facile.

Il contesto in cui ci troviamo, chirurgico, geriatrico o d'urgenza richiede approcci diversi.
Siamo in un contesto d'urgenza, un PS vede spesso situazioni di globo vescicale, la situazione più difficile è quella dei globi vescicali esagerati di 2000ml e oltre che possono confondersi con gli altri annessi addominali e simulare un addome acuto.
Siamo in un contesto chirurgico, gli interventi in anestesia locoregionale possono essere concomitanti a ritenzioni d'urina che si manifestano inizialmente con un dolore sovrapublico e la mancanza del controllo della minzione perchè l'anestesia residuale è ancora presente.
Se lavoriamo in una geriatria ci viene in aiuto conoscere l'anamnesi del paziente il sapere se è un prostatico se le condizioni sono cambiate gradualmente o improvvisamente, ad esempio ci riferisce che ha mal di pancia e da giorni fa la pipi spesso, situazione che richiede un ulteriore indagine.
Quando dobbiamo palpare l'addome?
La prima risposta è la più facile, se e solo se l'organizzazione di lavoro lo richiede.
Può sembrare una banalità però se c'è un medico predisposto a queste valutazioni e la nostra organizzazione di lavoro ci richiede di attivarlo, perchè non farlo, in alternativa se ci è richiesto di fare una prima valutazione per dare informazioni più precise allora facciamo una palpazione dell'addome.
In sintesi prima cosa si rispettano le procedure/protocolli di reparto.
Nel caso di un sospetto di ritenzione acuta d'urina dobbiamo palpare l'addome per confermare un globo o per escluderlo.
I primi segnali sono due anche se potrebbero non essere presenti entrambi, il dolore pelvico e la mancanza del controllo della minzione.
Possono non essere presenti entrambi perchè il nostro assistito potrebbe non riferire un dolore pelvico quando, se chirurgico, è ancora presente l'anestesia, se geriatrico, la vescica si è espansa ed ha volumi elevati.
Il dolore potrebbe essere anche un falso allarme di ritenzione acuta, in caso di interventi chirurgici in zona pelvica o rettale il dolore può essere localizzato e regredisce con gli analgesici.

Il nostro assistito potrebbe riferire di avere il controllo della minzione perchè confonde una minzione da rigurgico con una minzione normale, capita.
Non abbiamo dubbi, dobbiamo palpare l'addome, c'è una potenziale urgenza che facciamo mettiamo in allarme tutti?
Arriva il globo vescicale c'è l'apocalisse e salverò il mondo... questo non è l'approccio giusto.
C'è tempo e ci serve la collaborazione dell'assistito.
PRIMA COSA IL CONSENSO
Dobbiamo chiedere il permesso al nostro assistito, perchè abbiamo bisogno della sua collaborazione, spiegare cosa facciamo e perchè è il modo migliore.
Il nostro modo di presentazione del potenziale problema clinico va adeguato al nostro paziente, le sue capacità di comprensione, il suo stato di ansia se più o meno manifesta.
Quindi segue la palpazione dell'addome che deve essere delicata e concentrata nella zona sovrapubica per capire se la vescica è piena.
Visto che c'è il sospetto di una ritenzione acuta d'urina io faccio così:
con una mano, delicatamente a partire dal centro allontanandosi prima a destra poi a sinistra cerco i bordi del globo è sufficiente una mano,
una volta identificati i bordi con due mani, sembra di sentire una massa tondeggiante del volume di un grosso pompelmo,
con due mani cerco di far vedere la dimensione del globo vescicale per fargli capire la situazione.
Quando identifichiamo una massa delle dimensioni di un grosso pompelmo potremmo essere davanti ad un globo di un litro.
Per esercitarsi basta mettere qualcosa di tondo sotto un cuscino.
A volte potremmo non trovare nulla ed in questo caso dobbiamo capire perchè, ma una volta identificata la presenza di un globo vescicale dobbiamo informare il paziente che per fare svuotare la vescica è necessario un catetere.
Il cateterismo per svuotare una ritenzione acuta d'urina non è sempre lo stesso, potrebbe essere a permanenza, a breve termine o solo un cateterismo estemporaneo, dipende.
Quando si ha davanti un paziente con globo e si è in un PS o in un contesto geriatrico potrebbero essere necessari altri accertamenti e quindi il passaggio successivo richiede l'intervento del medico per valutare se un cateterismo estemporaneo o un cateterismo a permanenza.
In ambito chirurgico dopo un anestesia spinale o locoregionale è quasi sempre un cateterismo estemporaneo la soluzione per risolvere il dolore ed i potenziali traumatismi per una vescica iperestesa. Il cateterismo vescicale è estemporaneo in quanto la causa probabile è la mancanza del controllo in seguito all'anestesia che prima di un riempimento successivo della vescica si dovrebbe risolvere.

domenica 11 settembre 2016

Infermieri e Grandi Emergenze: ecco il Posto Medico Avanzato

Il PMA si rende necessario quando il numero delle vittime, come nel caso del terremoto del 24 agosto 2016, è piuttosto elevato.


Infermieri e Grandi Emergenze: ecco il Posto Medico Avanzato
Una Grande Emergenza è un evento improvviso che determina gravissime conseguenze per la collettività che ne è vittima. Tra le criticità che caratterizzano questo tipo di eventi vi è l’inadeguatezza, in termini di risorse, sia umane che di infrastrutture, tra i bisogni delle persone rimaste vittime dell’evento catastrofico e la catena dei soccorsi.
Un terremoto, ad esempio, determina una complessa situazione poiché vi sono dispersi su tutto il territorio, imprigionati o sotterrati tra le macerie.
Le lesioni che provocano i maggiori danni sono i traumatismi meccanici da compressione, dovuti al seppellimento del ferito, le conseguenti ostruzioni delle vie respiratorie, l’ipotermia dovuta all’esposizione a basse temperature per periodi molto prolungati e la disidratazione.
Quando il numero delle vittime è tale da non poter essere gestito dalle sole risorse presenti in loco viene allestito il Posto Medico Avanzato, noto con l’acronimo PMA.

Anello centrale della catena dei soccorsi

Il PMA è l’anello centrale della catena dei soccorsi; esso rappresenta, sul luogo dell’evento, una struttura medicalizzata che permette di classificare la gravità delle condizioni dei feriti secondo i criteri del triage (che si basano sui protocolli CESIRA e START).
All’interno del PMA vengono somministrati i primi trattamenti sanitari allo scopo della stabilizzazione delle persone ferite che verranno poi evacuate verso gli ospedali limitrofi più idonei a prendersi cura delle condizioni di quel particolare assistito.
Il PMA, dunque, coordina le ambulanze per il trasporto dei feriti presso gli ospedali nell’ottica della migliore gestione delle risorse disponibili.
Il luogo in cui allestire il PMA deve rispondere al criterio base di sicurezza dai possibili rischi evolutivi; perciò i vigili del fuoco suddividono il luogo dell’evento in zone a maggiore o a minore rischio.
Il PMA può avere diversi tipi di struttura: “in linea”, “a losanga” o “a croce” in relazione alle caratteristiche del territorio in cui viene allestito, di solito è rappresentato da una particolare tenda pneumatica appositamente attrezzata e deve essere allestito il più vicino possibile alla zona del disastro, sempre garantendo, innanzitutto, la sicurezza dei soccorritori.
Viene allestito ai margini esterni dell’area di sicurezza ed in una posizione centrale rispetto al fronte dell’evento.
La differenza tra il PMA ed un ospedale da campo è che nel primo i feriti vengono soccorsi e stabilizzati in attesa di essere trasferiti all’ospedale idoneo, il secondo invece è una struttura di cura che presenta posti letto per degenze più o meno lunghe.
All’interno del PMA si suddividono diverse aree di trattamento dei feriti, in relazione alla gravità: area triage, area rossa, area gialla, area verde e area di evacuazione.
Gli operatori del PMA sono medici ed infermieri 118, affiancati da altri soccorritori, i cui compiti sono quelli di accettare e registrare i feriti, valutarne le condizioni tramite triage, stabilizzazione dei feriti e definirne le priorità di evacuazione.
Una caratteristica del PMA è che i percorsi di accesso dei soccorritori che trasportano i feriti provenienti dal luogo dell’evento devono essere separati dai circuiti di evacuazione verso gli ospedali.

La Noria

Si parla, a tal proposito, di Noria di salvataggio o Piccola Noria e di Noria di evacuazione o Grande noria. La Noria di salvataggio è l’insieme delle operazioni messe in atto dal personale tecnico e sanitario per il trasporto dei feriti al PMA e viene effettuata su indicazione dell’operatore (medico/infermiere) che esegue il triage sul luogo dell’evento e permette di trasportare i feriti al Posto Medico Avanzato sulla base del codice colore.
La Noria di evacuazione è l’insieme delle operazioni che permettono di trasferire i feriti dal PMA agli ospedali. L’evacuazione avviene sempre secondo il criterio dei codici colore ed interfacciandosi con il 118 per la destinazione più idonea. I Pronto Soccorso degli ospedali vengono avvisati per permettere agli ospedali di competenza di attivarsi per il maxi-afflusso dei pazienti, evitando, in tal modo, di intasarne l’accesso.
Bibliografia:
  • Gestione tecnico sanitaria nelle macro emergenze, S. Badiali et Al., prima edizione, febbraio 2008
  • Protezione Civile.