Introduzione Numerosi studi internazionali indicano che gli infermieri di Pronto Soccorso sono tra gli operatori sanitari i più esposti ad atti di violenza nel corso della loro attività lavorativa. In Italia, pur mancando statistiche sulla diffusione del fenomeno, sono state raccomandate misure preventive e interventi di contrasto agli abusi. Scopo del presente studio è quello di inquadrare il problema e di esaminare le principali strategie di gestione delle aggressioni proposte dalla letteratura più recente.
Materiali e metodi Abbiamo condotto una revisione narrativa di articoli pubblicati su questo argomento durante gli ultimi 5 anni, identificati consultando le banche dati PubMed e CINAHL.
Risultati Questa analisi della letteratura mostra che il problema della violenza in Pronto Soccorso può essere affrontato con interventi a diversi livelli: dall’adozione di misure di sicurezza come sistemi di allarme e servizi di sorveglianza alla formazione specifica per gestire le situazioni a rischio di aggressione, dal miglioramento dell’approccio relazionale ai pazienti alla registrazione sistematica degli atti di violenza.
Conclusioni Gli studi esaminati forniscono indicazioni importanti che possono essere utilizzate, con l’impegno e la partecipazione di tutte le parti coinvolte, per elaborare e implementare programmi di prevenzione della violenza mirati a garantire un ambiente di lavoro più sicuro per gli infermieri di Pronto Soccorso.
Parole chiave: violenza, abuso, aggressione, infermieri, pronto soccorso
Violence and aggression in the Emergency Department: a literature review
ABSTRACTIntroduction Many international studies show that Emergency Department nurses are the healthcare professionals most exposed to violence in the workplace. In Italy, despite the lack of data on the severity of the problem, preventive measures and interventions have been recommended to reduce the incidents of abuse. The aim of this study is to outline the problem and examine the main strategies for managing violence and aggression suggested by the most recent literature.
Material and methods We conducted a narrative review of the literature published on this topic in the last 5 years using the PubMed and CINAHL databases.
Results This analysis of the literature shows that the problem of violence towards ED nurses can be addressed by using a number of different measures, which include adequate systems of security, specific training in methods to deal with aggressive people and to defuse potentially troublesome situations, improvement in attitudes towards the patients and systematic reporting of incidents.
Conclusions The studies examined provide suggestions that can be helpful to develop and implement, with the commitment and participation of all the parties involved, comprehensive violence prevention programs aimed at ensuring a safer workplace for ED nurses.
Key words: violence, abuse, aggression, nurses, emergency department
INTRODUZIONE
La violenza sul luogo di lavoro è ormai universalmente riconosciuta come un importante problema di salute pubblica nel mondo (World Health Organization, 2002). Per quanto riguarda gli operatori sanitari, e in particolare il personale infermieristico delle strutture di Pronto Soccorso, la letteratura internazionale sull’argomento mette in evidenza le preoccupanti dimensioni del fenomeno, che rimane comunque tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione a denunciare gli episodi di violenza da parte degli infermieri (Anderson, 2002a; Ferns, 2006; Lewis et al., 2007).
Per il Regno Unito, Saines (1999) rileva che l’incidenza delle aggressioni perpetrate nei confronti degli infermieri dei reparti di Pronto Soccorso è pari al 50% del totale complessivo degli episodi di violenza verso operatori sanitari. Più recentemente, la percentuale stimata per gli ospedali generali britannici da Winstanley e Whittington (2004) risulta inferiore (circa il 30% di tutti gli “attacchi” contro il personale sanitario) ma rimane comunque allarmante; soprattutto se si considera che in questa indagine più del 68% degli intervistati riferisce di essere stato oggetto nel corso dell’anno precedente di aggressioni verbali, mentre più del 30% riporta di avere subito percosse.
Oltreoceano la situazione non appare certo migliore. La gravità del fenomeno è ribadita dai risultati di uno studio statunitense che ha coinvolto 3.465 infermieri di Dipartimenti di Emergenza: nei 3 anni precedenti la ricerca, quasi il 20% del campione esaminato era stato vittima di abusi verbali più di 200 volte, mentre circa il 25% era stato vittima di aggressioni fisiche più di 20 volte (Gacki-Smith et al., 2010). In Australia uno studio analogo condotto su un gruppo di 266 infermieri riporta un’incidenza pari al 58% per le aggressioni verbali e al 14% per quelle fisiche (Lyneham, 2000), mentre un altro parla di un’epidemia di abusi e violenze (Chapman, Styles, 2006).
Alcuni ipotizzano che le cifre riscontrate da simili indagini, che evidenziano un’alta frequenza di aggressioni in Pronto Soccorso rispetto ad altri ambiti lavorativi, siano almeno in parte frutto di una maggiore propensione degli infermieri dei servizi di emergenza alla partecipazione a ricerche di questo tipo, e quindi legate a una sorta di sovraesposizione (Hodge, Marshall, 2007). Altri ricordano invece che molti di questi incidenti non vengono denunciati (Lau et al., 2004): perché la violenza è in qualche modo considerata parte inevitabile dei contesti operativi dell’infermiere di Pronto Soccorso (Jones, Lyneham, 2000; Pich et al., 2011), giustificata in quanto non consapevolmente voluta dal paziente che la commette (Harulow, 2000), tollerata in occasione di episodi minimizzati come trascurabili (Luck et al., 2007), o persino percepita come una perdita di performance (Alexy, Hutchins, 2006).
In Italia Becattini e collaboratori (2007), in uno studio condotto su 15 strutture di Pronto Soccorso di 14 regioni italiane, rappresentative di tutto il territorio nazionale, delineano questo scenario: quasi tutti gli infermieri intervistati riferiscono di essere stati aggrediti verbalmente (90%) o di aver assistito ad aggressioni nei confronti di colleghi (95%); il 35% del campione ha subito atti di violenza fisica, più della metà (52%) ne è stata testimone; poco meno di un terzo degli infermieri (31%) ha avuto bisogno di cure mediche a causa di un’aggressione, con prognosi fino a 5 giorni (13%), da 5 a 15 giorni (11%) o superiore a 15 giorni (6%).
La conoscenza statistica del fenomeno, lo studio delle tendenze e dei fattori di rischio – come il sesso e l’età degli assalitori (Figura 1) o le cause scatenanti i comportamenti violenti (Tabella 1) – è fondamentale per improntare programmi di prevenzione e di azione contro gli atti di violenza commessi nei confronti degli infermieri di Pronto Soccorso (Anderson, 2002b; Child, Mentes, 2010; Crilly et al., 2004; Gates et al., 2006).
MATERIALI E METODI
Tra novembre e dicembre 2010 abbiamo condotto una ricerca preliminare della letteratura internazionale riguardante l’argomento “aggressioni in Pronto Soccorso” nelle banche dati PubMed e CINAHL. La ricerca è stata effettuata in entrambi i database utilizzando i termini “emergency” (MeSH), “aggression”, “violence”, “abuse”, combinati tramite operatori booleani OR e AND, con limiti per lingua e data di pubblicazione (rispettivamente inglese o italiana e ultimi 10 anni).
Contestualmente è stata ricercata la letteratura grigia sull’argomento (in modo particolare per il contesto italiano) tramite il motore di ricerca Google Scolar. Questa fase preliminare ci ha consentito di inquadrare con più precisione il campo di ricerca e soprattutto di acquisire elementi utili per eseguire la Facet Analysis. Il sistema della Facet Analysis (Vellone, Piredda, 2009), una volta individuati i concetti essenziali del quesito di ricerca, ha consentito di ampliare il campo e di reperire il maggior numero di articoli (completezza) sull’argomento “gestione delle aggressioni a infermieri in Pronto Soccorso” (pertinenza).
La Tabella 2, che si rifà al metodo P&PICO, mostra il quesito in forma analitica.
La scelta delle parole chiave, più precisamente delle voci di thesaurus, termini descrittori utilizzati per la ricerca, è stata fondamentale per interrogare le banche dati da cui attingere la bibliografia di riferimento. Nodale in questa fase è stata l’analisi delle pubblicazioni raccolte durante lo studio preliminare. Nella pianificazione delle modalità di ricerca nei database sono state scelte sia quella tramite thesaurus, sia quella sui campi, sia quella libera. Pertanto sono stati combinati termini MeSH e parole a testo libero (Tabella 3).
Per aumentare la specificità della ricerca, l’interrogazione con i termini a testo libero è stata limitata esclusivamente al campo “Title/Abstract” dei record; per i descrittori a testo libero composti da più parole sono stati usati in CINAHL gli operatori di vicinanza N2 o N3, in PubMed la stringa virgolettata. Le parole chiave scelte sono state collegate tramite gli operatori booleani OR e AND.
La ricerca definitiva è stata condotta nelle banche dati PubMed e CINAHL dal 24 al 28 marzo 2011, considerando gli articoli in versione abstract o full text pubblicati negli ultimi 5 anni.
RISULTATI
La nostra ricerca ha identificato complessivamente 83 articoli (55 in PubMed e 36 in CINAHL, con 8 presenti in entrambi i database). Applicando ulteriori criteri di inclusione ed esclusione, abbiamo selezionato 36 studi che esaminavano il fenomeno della violenza contro gli infermieri di Pronto Soccorso valutando anche possibili approcci o strategie per la gestione delle aggressioni; 7 di questi studi, descritti sinteticamente nella Tabella 4, sono stati quindi scelti per un’analisi più approfondita.
Tutti i lavori selezionati, e non solo quelli riportati nella tabella, giungono comunque alla medesima conclusione: il problema delle aggressioni in Pronto Soccorso è un fenomeno complesso, che deve essere a sua volta “aggredito” con interventi a 360 gradi. Affidarsi alle sole dichiarazioni di intenti o a politiche aziendali formali non può essere una strategia vincente, come ribadiscono Jacqueline Pich e collaboratori (2011) in un recentissimo contributo sull’argomento. Lo studio sottolinea in particolare la necessità di misure di sicurezza, come sistemi d’allarme e presenza attiva di un servizio di vigilanza interno, e di una formazione specifica del personale infermieristico per la prevenzione e la gestione delle aggressioni. Le stesse conclusioni, per quanto riguarda quest’ultimo punto, sono tratte da altri autori australiani (Rintoul et al., 2009).
Sempre in Australia, un gruppo di infermieri di Sidney propone uno strumento in grado di intercettare potenziali aggressori attraverso la valutazione di una serie di fattori predittivi, anche in mancanza di una “anamnesi” significativa per precedenti violenti (Wilkes et al., 2010). A questo proposito uno studio statunitense raccomanda l’impiego di un sistema di registrazione dei pazienti aggressivi, che in caso di nuovo accesso al Pronto Soccorso possono così essere cortesemente invitati “a ricordare le conseguenze di un comportamento inappropriato” (ED Nursing, 2007). Altri approcci suggeriti dallo studio sono decisamente più orientati al paziente: spiegare sempre i motivi dell’attesa dando frequenti aggiornamenti sulla situazione, anche attraverso la figura di un apposito operatore dedicato alle relazioni con l’utenza in sala di aspetto; favorire le scelte dei pazienti e assecondarne le richieste più semplici.
L’importanza dell’approccio relazionale è valutata, attraverso l’osservazione diretta dei partecipanti e interviste informali o semistrutturate, anche nello studio condotto da Luck e collaboratori (2009). Dall’esame delle strategie normalmente utilizzate dagli infermieri coinvolti nell’indagine per evitare, ridurre o prevenire gli abusi, emergono 5 atteggiamenti fondamentali insiti nella natura dell’assistenza infermieristica: rassicurazione, disponibilità, rispetto, supporto e responsività. In assenza di altri interventi, l’efficacia di tali atteggiamenti è però limitata: lo studio segnala 16 episodi di violenza durante il periodo di osservazione (290 ore).
Dimostrata è invece l’efficacia del programma educazionale ACT-SMART (Attitudes and Communication Techniques for Scripps Mercy Aggression Reduction Training) valutato da Cahill (2008) in un campione di convenienza che comprendeva complessivamente 65 infermieri; per gli infermieri che avevano seguito il programma si è infatti riscontrato un miglioramento statisticamente significativo (p=0,001) della capacità di gestire situazioni di aggressione.
Oltre a una formazione mirata degli infermieri, secondo l’analisi di Hodge e Marshall (2007) gli interventi consigliabili comprendono l’uso di tecniche di de-escalation, ma anche il ricorso a misure di contenzione fisica o farmacologica e all’isolamento. Tecniche di disinnesco ed eventuale contenzione fisica e farmacologica svolgono un ruolo cruciale anche nell’approccio interdisciplinare in 3 fasi proposto da Rintoul e collaboratori (2009), che raccomandano inoltre incident reporting e debriefing sistematico.
Le indicazioni fornite dagli studi qui considerati, pubblicati da riviste importanti, come pure dagli altri articoli esaminati, possono essere utilizzate per adottare linee di intervento contro le aggressioni nei servizi di Pronto Soccorso. Tuttavia, nella gerarchia delle prove di efficacia del NHS Center for Reviews and Dissemination le evidenze scientifiche che sostengono tali scelte sono di livello IV, ovvero fondate su opinioni autorevoli basate sull’esperienza clinica o su studi descrittivi e rapporti provenienti da commissioni esperte (Hamer, Collinson, 2002).
DISCUSSIONE
Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH, 2002) definisce la violenza sul luogo di lavoro come ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale contro persone che stanno svolgendo la propria attività lavorativa. Tutti i lavoratori ospedalieri sono esposti al rischio di violenza, ma il rischio è più alto per il personale che ha maggiori contatti diretti con i pazienti, e in primo luogo per gli infermieri dei servizi di Pronto Soccorso. Questi atti di violenza si possono ripercuotere negativamente anche sulla qualità dell’assistenza offerta ai pazienti, ed è compito dell’organizzazione sanitaria – inclusi infermieri dirigenti, coordinatori e professionisti – identificare i fattori di rischio per la sicurezza del personale e attuare le opportune strategie preventive, nel nostro come in altri paesi (International Council of Nurses, 2006; OSHA, 2004).
In Italia nonostante la mancanza di documentazione e quindi l’esigenza di indagare sul fenomeno in maniera più sistematica (Becattini et al., 2007; Ministero della Salute, 2007), l’Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, in uno Studio per la predisposizione di linee guida per gli interventi di prevenzione relativi alla sicurezza e all’igiene del lavoro nelle strutture di Pronto Soccorso, tra i rischi principali (da agenti fisici, chimici, biologici, correlati a sforzi muscolari e posture incongrue) prende in considerazione anche i “rischi relativi ad aspetti di natura psico-organizzativa” (ISPESL, 2007). Non da ultimo, il Ministero della Salute (2008) tra gli eventi sentinella prevede espressamente gli atti di “violenza ad operatore all’interno di strutture sanitarie compiuta da pazienti, da loro parenti o accompagnatori e che ha determinato un grave danno”.
CONCLUSIONI
Gli studi analizzati suggeriscono programmi e interventi che possono essere utili per prevenire gli episodi di violenza e/o per ridurne le conseguenze negative. Ma solo l’impegno comune di tutti (direzione aziendale, dirigenza infermieristica e medica, coordinamento infermieristico, professionisti infermieri) può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro per gli infermieri di Pronto Soccorso (Gacki-Smith et al., 2010).
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano i colleghi infermieri e gli operatori socio sanitari del Pronto Soccorso dell'Azienda Ospedaliera di Perugia, con i quali condividono quotidianamente la loro difficile quanto esaltante esperienza professionale.
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