Faccio il lavoro più bello del mondo: vivere il cambiamento radicati al passato ma con uno sguardo al futuro genera nuove energie e speranze
Speranza e fiducia, passione ed energia
sono le emozioni che emergono nel leggere il libro scritto da Sabatina
Pisaneschi classe 1951 infermiera da sempre e per sempre. Il libro “Un’Infemiera Racconta – esperienze di vita tra corsia e famiglia” ci proietta in un passato non troppo lontano con ricordi che sono ben stampati nella sua mente e nel suo scritto.
Dopo circa 40 anni di lavoro come
infermiera e poi come infemiere coordinatore Sabatina ha uno spaccato
molto particolare della figura infermieristica. Lei si rende conto che
nella Sanità stanno cambiando tante cose, anche il ruolo dell’infermiere
sta cambiando, allora le viene in mente che forse potrebbe interessare a
qualcuno sapere com’era il lavoro negli anni Settanta e non solo.
Abbiamo raccontato dell’interessante centro Centro di documentazione della Cultura Infermieristica
a Firenze che cerca di aiutare gli Infermieri, gli studenti e tutti i
cittadini a documentarsi sul passato e sulla cultura infermieristica che
ci ha formato da sempre.
Qui invece viviamo un’avventura, un
racconto che ci riguarda tutti e che ci permette di esplorare un passato
di cui non possiamo fare a meno ma che sembra essere fondamentale per
il nostro futuro, per i giovani studenti in infermieristica e per tutti
coloro che hanno a cuore il Sistema Sanitario dove gli Infemieri hanno
un ruolo sempre più centrale.
– Come è nata l’idea di fare un libro sull’esperienza vissuta?
Ho fatto la scuola convitto per
infermiere a Firenze avevo 19 anni. Successivamente ho lavorato presso
l’ospedale del Ceppo di Pistoia per 40 anni, prima come infermiera e poi
come caposala (oggi chiamati Coordinatore).
Mi sono resa conto che nel mondo della
sanità stanno cambiando tante cose allora mi è venuto voglia di
raccontare chi era l’infermiere degli anni ’70 e come si lavorava.
Il motivo principale per cui ho scritto
questo libro “Un’infermiera Racconta” è lasciare una testimonianza
scritta per raccontare come era ieri il nostro lavoro e le difficoltà
che abbiamo avuto nella professione infermieristica, un aiuto che può
essere utile per una riflessione per il nostro futuro.
È un racconto autobiografico dove
descrivo come si viveva in montagna negli anni ’70 e quando sono partita
proprio da questo luogo Cassarese, a 18 anni per andare a vivere in
convitto a Firenze, per studiare da infermiera dove l’accesso era per
sole donne, perché si pensava che fossero più adatte a prendersi cura
degli ammalati.
Questo racconto è legato alle emozioni,
al periodo del convitto, ai sogni di una ragazzina che va incontro alla
propria vita con l’entusiasmo dei giovani, descrivo quando ho sentito forte dentro di me il desiderio di diventare infermiera.
Come mi sentivo da allieva, cosa
rappresentava per me indossare la divisa, com’ era la vita in convitto,
ma soprattutto parlo dell’ importanza del malato e dei suoi familiari.
Ho provato a raccontare cosa prova un
infermiere quando va a lavorare e come concilia lavoro e famiglia, per
fare ciò ho cercato di non perdere mai di vista l’emozione. Questo
lavoro è nato e si è sviluppato piano piano nel tempo. Ad un certo punto
della mia vita lavorativa mi sono detta: “Ma quante cose cambiano in
sanità”. E ho cominciato a chiedermi
“Fare l’infermiere oggi è diverso da ieri”?
Ho iniziato così a pensare che mi
sarebbe piaciuto scrivere come si lavorava ieri per confrontarlo con i
tempi odierni. Mi sembrava un sogno nel cassetto, da tenere lì e
fantasticarci sopra, però ogni tanto riaffiorava alla mente, anzi era
sempre presente.
“Però quando sei infermiera lo
sei per tutta la vita, io sentivo forte dentro di me il desiderio di
raccontare chi è veramente un’infermiere”.
Scrivere mi piaceva era parte di me
trasmettevo su carta tutte le mie emozioni, tutto il mio vissuto
d’infermiera. Questo mi ha riempito di gioia, era come se rivivessi di
nuovo l’esperienza vissuta e il cuore mi si allargava, il calore della
gioia m’ invadeva fino a farmi piangere. Mi ha riportato a quegli anni,
mi ha fatto vedere l’importanza delle relazioni, delle amicizie quelle
vere, che anche se non le frequenti non le perdi mai.
Ripercorrere la strada del passato con lo stesso affetto, anzi molto più intenso di allora.
– Rifaresti l’Infermiera ? perché ?
Certamente senza ombra di dubbio sicuramente rifarei l’infermiera!
Ho sempre amato la mia professione,
anche nelle difficoltà che non sono mancate, ma sopratutto essere
infermiera poter stare vicino al malato, prendersi cura di lui e dei
suoi familiari con amore mi ha fatto sentire importante.
Quando ero al letto del malato e capivo i
suoi bisogni di assistenza vedevo un’espressione di gratitudine nel suo
sguardo che mi riempiva di gioia. Mi sono così resa conto che la mia vita non era sprecata, anzi era utile agli altri.
Avevo chiaro chi ero e sentivo la responsabilità di fare seriamente il
mio lavoro, cercando di farlo nel modo migliore di cui ero capace, senza
perdere mai di vista il bisogno del malato.
Essere infermiera e sentirsi tale mi ha
dato un’identità chiara e precisa sia nel lavoro che nella vita privata.
Nella mia professione ho ricevuto stima e fiducia dai colleghi dai
medici dai responsabili, ma soprattutto sono stata apprezzata e
ringraziata dagli ammalati.
Questo lavoro mi ha fatto capire l’importanza degli altri nella vita di ogni uno.
– Cosa dire ai giovani che vogliono iscriversi al corso di Laurea Infermieristica?
È soprattutto a voi giovani studenti che
mi rivolgo perché se sappiamo da dove siamo partiti capiamo anche
meglio dove stiamo andando.
Dal mio libro Un’infermiera Racconta: “
Vorrei regalare le mie emozioni, la mia esperienza lavorativa a chi
legge, ai giovani studenti in infermieristica, perché possano avere una
briciola di racconto del passato, del vissuto di un’infermiera, nata in
un piccolo paese di montagna in tempi diversi da quelli attuali”.
“Essere nel cambiamento non
significa farsi travolgere ma cercare di diventarne in qualche modo
protagonista, approfittare delle opportunità che ti vengono poste,
assumersi responsabilità sempre più elevate per raggiungere la propria
autonomia e i propri spazi.”
Chi è oggi l’infermiere? Come lavora?
Con quali strumenti? La Sanità sta cambiando, con passi da gigante. Come
sono oggi le relazioni umane negli ospedali? Chi si prende cura del
malato?
Vorrei dire soprattutto a voi che
rappresentate il nostro futuro: Il cammino è ancora lungo ma dobbiamo
essere forti, presenti e avere ben chiaro chi siamo.
L’assistenza è veramente un’arte
se stiamo vicini al malato con un sorriso. Con questa terapeutica
vicinanza abbiamo già fatto una buona parte della nostra arte.
E quando nel prenderci cura riusciamo a
vedere i risultati di autonomia del malato, siamo veramente soddisfatti
del nostro lavoro.
L’importante è non perdere mai la fiducia,
la speranza che trasforma anche le situazioni difficili nonostante
tutto e malgrado tutto, lasciando aperta la porta della fiducia e della
speranza tutto può sempre cambiare.
“Quanto la nostra vita potrebbe essere
diversa e serena se ognuno di noi nel suo piccolo riuscisse a coltivare
l’amore che ha dentro di sé e donarlo così agli altri senza aspettarsi
nulla in cambio”.