Infermiere di processo, l'esperienza bolognese
Non poco tempo fa sui social ci sono state alcune riflessioni dopo che un quotidiano è uscito con il titolo “Bologna. Pronto Soccorso Ospedale maggiore Arriva l’infermiere flussista” alla luce di alcune dichiarazione del Direttore Sanitario del Maggiore Andrea Longanesi, creando in alcuni domande sulla funzione e lo specifico ruolo di questo professionista.
Da alcuni anni presso il Pronto Soccorso generale del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna alcuni infermieri hanno sperimentato, in accordo con la Direzione Aziendale e lo staff infermieristico, alcune modalità operative al fine di favorire il “flusso” e il processo di gestione dei pazienti afferenti al pronto soccorso.
Questa particolare figura infermieristica, secondo anche alcuni obiettivi stabiliti di concerto con la direzione sanitaria, è un esperto in grado di orientare e dirigere il flusso dei pazienti, ma soprattutto nel prendere in carico la complessità assistenziale in tutto il percorso del paziente dall’ingresso, all’attesa fino alla dimissione garantendo un monitoraggio e un controllo competente e specifico.
Gianni Vitale e Sauro Canovi sono infermieri esperti ed hanno partecipato al X° congresso nazionale SIMEU a Napoli dove hanno esposto una relazione sulle competenze avanzate degli infermieri di processo in pronto soccorso. A loro abbiamo chiesto chiarimenti.
Di cosa vi occupate e qual è lo specifico ruolo dell’infermiere “flussista”?
Innanzitutto ritengo fondamentale, prima di specificarne il ruolo, ribadire la definizione di questo Infermiere da molti, ed in altre realtà chiamato flussista. Nel PS OSO dal 6 aprile 2013 opera, secondo disposizioni del Direttore dell’Unità Operativa, una figura infermieristica innovativa definita infermiere di processo e non flussista. Riteniamo importante questa precisazione, perché non si tratta né di un dirigente del traffico né, tantomeno, di un controllore. Dovendo definire l’Infermiere di Processo direi che è una sorta di “torre di controllo” che, agendo dal triage alle sale di attesa, estende il sue intervento fino alle aree di cura. Ciò gli consente di assegnare i pazienti a quell’area di trattamento che, per intensità di cure, risulta più appropriata alle loro condizioni cliniche, in base alla situazione interna del PS.
È un infermiere che mantenendo un feedback continuo con le aree di assistenza assegna il paziente a quell’équipe che è in grado di farsi carico della persona, coi suoi problemi, in quel determinato momento. Con gli obiettivi di intercettare i casi urgenti e di individuare gli outlier, per governare in sicurezza l’attesa.
Qual è stato il vostro iter formativo?
Come lei affermava, innanzitutto si tratta di un Infermiere Esperto. Questo Infermiere possiede un master in coordinamento infermieristico e segue il protocollo prestabilito dal dirigente del servizio. Coniuga competenze e capacità per poi trasformarle in un’attività. Ma ciò che conta è la condivisione del “modus agendi” con tutti i protagonisti coinvolti nell’assistenza.
Per quanto riguarda la formazione “avuta” diciamo che si è formata sul campo. Abbiamo sempre cercato di coniugare le nostre competenze di Infermiere Esperto e master in coordinamento con le risultanze di un altro requisito fondamentale che questa figura infermieristica deve possedere e da cui non può prescindere: la capacità di mettersi in gioco, che tradotta in parole povere, significa: ascoltare e tenere in considerazione le esigenze di tutti gli attori, a partire dai pazienti ed i loro caregiver, i colleghi, considerare le preziose informazioni e suggerimenti degli OSS senza prescindere dalle fondamentali osservazioni e richieste dei medici.
Ora, data l’esperienza vissuta noi “battistrada”, saremmo certamente in grado di seguire quella formazione a cui non siamo mai riusciti a dedicarci perché, causa carenza di risorse, siamo sempre stati dedicati e immersi nell’attività quotidiana.
Ci sono studi e/o ricerche su ruolo e modalità organizzative specifiche di questa funzione?
Anche in questo caso una premessa è fondamentale. Nel 2010 il nostro PS subì importanti cambiamenti strutturali e concettuali. Il Pronto Soccorso venne rinnovato e suddiviso per diversità di aree di trattamento (maggiore e minore intensità).
Questi cambiamenti concettuali e strutturali evidenziarono numerose criticità per cui nel 2011 ci pervenne la richiesta della direzione di effettuare un’analisi sistemica al fine di introdurre un nuovo modello organizzativo.
Tutto il personale, a partire dagli OSS, partecipò con entusiasmo ad un’analisi organizzativa che poi avrebbe portato all’approvazione di un progetto di miglioramento che prevedeva l’introduzione di una figura infermieristica innovativa: l’Infermiere di Processo. Fatta questa premessa, dovuta ma necessaria per evidenziare la partecipazione di tutto il gruppo dei professionisti partecipanti all’assistenza nel PS, le dico che esistono studi e lavori sul ruolo e modalità organizzative specifiche di questa funzione che sono stati presentati e depositati al SIMEU 2016.
Come avete reagito a certi colleghi che vi hanno paragonato a dei “vigili”?
Sinceramente crediamo che coloro che ci hanno paragonato a dei vigili non siano a conoscenza del nostro “modus agendi”. Ma ciò che soprattutto ci ferisce è che certe asserzioni possano favorire nel “laico” l’insorgenza di domande inquietanti e fuorvianti sulla funzione e sullo specifico ruolo di questo professionista.
Per cui, senza nulla togliere agli “agenti di un corpo speciale di guardia municipale che hanno il compito di regolare il traffico urbano e di vigilare sulla corretta applicazione delle norme comunali“ e che hanno come strumenti libretto, multe e fischietto, diciamo che l’Infermiere di Processo agisce secondo un modello concettuale che considera lo stato di salute della persona e la sua criticità clinica. Che ne considera la complessità assistenziale e che si avvale di strumenti quali le tabelle della “criticità clinica” e “capacità di collaborazione della persona stessa”.
Come controllate la sicurezza e come regolate il flusso?
Per quanto riguarda il controllo dell’attesa noi Infermieri di Processo garantiamo e promuoviamo la rivalutazione, perché la reputiamo un momento basilare per governare in sicurezza l’attesa. Crediamo sia un momento fondamentale cui attribuiamo un valore aggiunto di “utilizzo attivo dei tempi di attesa”, perché consente di rassicurare il paziente che attende la visita medica, fondamentale è il contributo degli OSS che in questa fase trasmettono alle persone la percezione di una presa in carico continuativa.
Per quanto riguarda la regolazione del flusso, come già detto precedentemente, agiamo secondo un modello concettuale e strumenti che ci permettono, nell’ambito di ogni categoria di codice colore, di andare oltre l’ordine cronologico di arrivo in PS.
Superare l’ordine cronologico di arrivo?
Ogni paziente, dopo essere stato classificato con un codice colore dal triagista, viene distinto da noi secondo gli strumenti descritti precedentemente: le tabelle della “criticità clinica” , “capacità di collaborazione della persona stessa”, “la fragilita” e la “tempo dipendenza”. È in base a questa analisi che, pur restando nella categoria di codice colore pertinente, si ottengono ulteriori priorità.
Questo significa che, ad esempio, i codici verdi non sono tutti uguali?
Certamente sì. Vede in PS, ci sono dei “motivi di arrivo” che risultano vincolanti nell’assegnazione del codice colore (ad esempio un dolore toracico e addominale non possono mai essere verdi). L’infermiere di processo nell’assegnare i pazienti non considera l’ordine cronologico, perché non tutte le persone sono uguali. Sostituisce la propria competenza e professionalità alla cronologia o se vogliamo al caso o più semplicemente all’ordine di arrivo. Vada in una sala di attesa e osservi (noi valutiamo) le persone in attesa giunte per lo stesso motivo e cui è stato assegnato lo stesso codice di gravità, ebbene non ne troverà una uguale all’altra così come osservando un cielo nuvoloso non troverà una nuvola uguale all’altra.
Quindi avete trovato la soluzione all’overcrowding?
Assolutamente no! Questa non è la soluzione a tutti problemi, ma è rivolta ad una corretta presa in carico della persona e dei suoi problemi. Si sa che il miglioramento (i dati lo dimostrano) non è solo dato dalle competenze e dall’inserimento di una figura, ma è influenzato dal contesto e dalle politiche di ogni singola organizzazione e dalle risorse disponibili.
Crediamo comunque che tutti gli operatori vadano sostenuti e incoraggiati, coltivati e supportati; anche in questo consiste l’impegno quotidiano dell’infermiere di processo, con l’obiettivo di mettere al centro dell’assistenza l’uomo, sia esso paziente o operatore - infermiere o medico - affinché si possa realizzare il necessario dinamismo organizzativo ed intellettuale che permette di favorire la crescita professionale di chi, ogni giorno, opera in pronto soccorso. Un altro obiettivo è la costruzione di un gruppo che sia fortemente connotato dalla volontà di creare un lavoro di squadra per realizzare sinergie tra le persone, integrarne le competenze e ottenere dei risultati che non siano la semplice sommatoria dei risultati ottenibili dai singoli, ma molto di più.