giovedì 15 novembre 2018

SINCOPE IN DEA: Linee Guida ESC 2018

Durante gli anni di specializzazione in Medicina Interna innumerevoli sono stati i ricoveri provenienti dal PS per sincope di origine incerta.
A distanza di anni, ritrovandomi dall’altra parte della barricata, ho dovuto chiedermi più volte di fronte all’ennesimo paziente che accedeva per perdita di coscienza: “lo ricovero? lo dimetto? resta in osservazione? quale percorso in PS?”
A queste domande ha provato a dare una risposta l’ESC che ha pubblicato a Marzo di quest’anno le nuove linee guida sulla sincope (le ultime risalivano al 2009), focalizzando l’attenzione sulla gestione in area di emergenza.
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https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29562304
DEFINIZIONI
Con il termine sincope si definisce una transitoria perdita di coscienza (TLOC: transient loss of consciousness) secondaria ad ipoperfusione cerebrale, caratterizzata da rapido inizio, breve durata e completa risoluzione spontanea.
TLOC definisce uno stato di reale o apparente perdita di coscienza caratterizzato da amnesia dell’evento, controllo motorio anomalo, mancata responsività e breve durata. Le TLOC si distinguono in post traumatiche e non traumatiche.
Con il termine presincope si indicano i segni e i sintomi che precedono la perdita di coscienza.
FISIOPATOLOGIA E CLASSIFICAZIONE SINCOPE E TLOC
  • Sincope
Il meccanismo fisiopatologico centrale che determina la sincope è la riduzione della pressione arteriosa sistemica e la conseguente ipoperfusione cerebrale, infatti un’improvvisa interruzione della perfusione cerebrale per 6-8 secondi può determinare una completa perdita di coscienza.
La pressione arteriosa sistemica è il risultato del prodotto tra l’output cardiaco e le resistenze periferiche totali per cui un’alterazione di uno o di entrambi i meccanismi può determinare la sincope.
Riduzione delle resistenze periferiche
  1. Riduzione dell’attività riflessa con conseguente vasodilatazione ed insufficiente vasocostrizione simpatica (sincope vasodepressiva).
  2. Disturbo funzionale del sistema autonomo.
  3. Disturbo strutturale del sistema autonomo.
Riduzione dell’output cardiaco
  1. Bradicardia riflessa (sincope da meccanismo cardioinibitore).
  2. Patologie cardiache: aritmie, cardiopatia strutturale, embolia polmonare, ipertensione polmonare.
  3. Inadeguato ritorno venoso secondario a deplezione di volume o del pool venoso.
  4. Inibizione del meccanismo inotropo e cronotropo secondario a disfunzione autonomica.
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Più schematicamente le cause di sincope possono essere così classificate:
Classificazione sincope
  • Crisi epilettiche
Solo le forme di epilessia caratterizzate da perdita del controllo motorio con conseguente caduta a terra entrano in diagnosi differenziale nei casi di perdita di coscienza. Comprendono le crisi generalizzate toniche, cloniche, tonico-cloniche e atoniche. Le crisi parziali o le assenze non rientrano tra le forme di TLOC.
  • TLOC psicogena
Si manifesta in due forme: simil-epilettica o senza componente motoria
  • Cause rare di TLOC
Raramente entrano in diagnosi differenziale con la sincope poiché si associano a sintomi di accompagnamento di rapida individuazione; comprendono: TIA vertebro-basilare, TIA carotideo, Sr da furto della succlavia, emorragia sub-aracnoidea o intraparenchimale, disturbi metabolici, intossicazioni.
VALUTAZIONE INIZIALE E MANAGEMENT
Per un corretto inquadramento diagnostico di fondamentale rilevanza risulta la raccolta anamnestica con particolare attenzione alle caratteristiche con cui si è verificato l’evento (soprattutto con l’aiuto di testimoni). Quattro sono le domande a cui bisogna dare preliminarmente una risposta:
  1. Si è trattato di una reale perdita di coscienza?
  2. In caso affermativo, l’origine è sincopale o non sincopale?
  3. Vi è una chiara eziologia dell’evento?
  4. Vi sono elementi che suggeriscono un elevato rischio cardiovascolare o di morte?
Come già detto la TLOC ha quattro specifiche caratteristiche: breve durata, anomalo controllo motorio, mancata responsività e amnesia.
Una TLOC è probabilmente una sincope quando sono presenti segni e sintomi specifici per sincope riflessa, sincope da ipotensione ortostatica o sincope cardiogena, mentre sono assenti i segni e i sintomi specifici per altre forme di TLOC (trauma cranico, crisi epilettiche, altre cause)
La valutazione iniziale del paziente con perdita di coscienza prevede:
  1. Attenta raccolta anamnestica sulle caratteristiche dell’evento (primo episodio, episodi recidivanti, prodromi, eventi scatenanti).
  2. Esame obiettivo testa-piedi compresa misurazione della pressione arteriosa in posizione supina e in piedi.
  3. Elettrocardiogramma.
La valutazione secondaria prevede, quando ritenuto opportuno:
  1. Monitoraggio elettrocardiografico
  2. Ecocardiogramma
  3. Massaggio del seno carotideo in pazienti con età > 40 anni.
  4. Test di stimolazione ortostatica passiva (Head-up tilt test) quando vi è il sospetto di sincope riflessa o dovuta ad ipotensione ortostatica.
  5. Esami del sangue quando indicati: Hct/Hb nel sospetto di anemia/emorragia, troponina nel sospetto di cardiopatia ischemica, d-dimero nel sospetto di embolia polmonare.
GESTIONE DELLA SINCOPE IN AREA DI EMERGENZA E STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO
Il compito del medico di PS, in caso di episodio sincopale, è quello di dare una risposta a tre domande principali:
  1. Vi è una seria causa sottostante che va identificata?
  2. Qual è il profilo di rischio del paziente?
  3. Il paziente va ospedalizzato?
Il riconoscimento precoce di una causa sottostante potenzialmente fatale, responsabile della perdita di coscienza, è l’obiettivo principale della gestione in area di emergenza del paziente con sincope.
La stratificazione del profilo di rischio è il secondo obiettivo; si basa sulla valutazione integrata delle caratteristiche dell’evento sincopale, anamnesi patologica, esame obiettivo ed elettrocardiogramma e permette di distinguere i pazienti in tre classi di rischio: alto, basso e una classe intermedia.
Ad oggi circa il 50% dei pazienti che accedono in DEA per sincope viene ospedalizzato e l’utilizzo di scores e protocolli standardizzati non ha ancora modificato questo trend; gli studi hanno dimostrato che la mortalità a 7-30 gg è dello 0.8%.
  • Basso rischio
I pazienti a basso rischio hanno avuto una sincope probabilmente di natura riflessa o dovuta ad ipotensione ortostatica e hanno un’ottima prognosi. Questa categoria non necessita di ulteriori accertamenti diagnostici e i pazienti possono essere dimessi direttamente dal DEA. Classe di evidenza IB
  • Alto rischio
In questa categoria la causa della sincope è probabilmente di origine cardiaca; cardiopatie strutturali o anomalie dell’elettroconduzione sono fattori di rischio principali per morte cardiaca improvvisa e per mortalità da tutte le cause, nei pazienti con sincope. Questi pazienti richiedono un approccio diagnostico/terapeutico più aggressivo. E’ necessaria l’osservazione (non oltre le 6 h in DEA) e/o il ricovero. Classe di evidenza IB
  • Intermedio rischio
Questa categoria di pazienti necessita di un periodo di osservazione in DEA/UO sincope e della successiva presa in carico presso strutture ambulatoriali dedicate per ulteriori approfondimenti diagnostici. Non vi sono evidenze che suggeriscono che l’ospedalizzazione di questi pazienti migliori la prognosi mentre un approccio a step che preveda l’osservazione in DEA e la successiva dimissione “protetta” a strutture ambulatoriali si è dimostrato più efficace. Classe di evidenza IB
Stratificazione multiparametrica del rischio in DEA:
Vi è tuttavia un consenso unanime, derivato dai risultati di diversi studi, secondo cui gli attuali scores di stratificazione del rischio non raggiungono una sensibilità, una specificità e un valore prognostico paragonabile al giudizio clinico sul possibile outcome sfavorevole a breve termine del paziente con sincope.
 ESAMI DIAGNOSTICI INTEGRATIVI IN PRONTO SOCCORSO
In aggiunta a quanto già detto sulla valutazione iniziale del paziente in DEA, due test possono essere eseguiti agevolmente in PS:
  • Massaggio del seno carotideo (CSM): è indicato in tutti i pazienti di età maggiore di 40 anni con sincope di origine sconosciuta (classe di evidenza IB). Va eseguito ini posizione supina e in piedi durante monitoraggio pressorio continuo. Diventa diagnostico per malattia del seno carotideo quando determina bradicardia (o asistolia > 3 sec) o ipotensione o quando determina sintomi compatibili con sincope di origine riflessa. Una positività del CSM in assenza di sincope definisce una condizione di ipersensibilità del seno carotideo (CSS). Nonostante le complicanze neurologiche siano piuttosto rare, gli studi dimostrano che il CSM va eseguito con estrema attenzione nei pazienti con pregresso TIA, ictus o stenosi carotidea > 70%.
  • Active standing: la misurazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca in posizione supina e dopo 3 minuti di mantenimento della stazione eretta è indicato in tutti i casi di sincope (classe di evidenza IC). Il test risulta diagnostico per ipotensione ortostatica quando si verifica una riduzione della pressione sistolica ≥ 20 mmHg o della pressione diastolica ≥ 10 mmHg o quando si determina una pressione sistolica < 90 mmHg associata a sintomi compatibili con sincope.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Indubbiamente di fondamentale importanza in DEA è il riconoscimento precoce di patologie life treathening di cui l’episodio sincopale rappresenta l’epifenomeno; segue la stratificazione del rischio evolutivo poiché ci consente di pianificare il percorso del nostro paziente.
Le caratteristiche dell’evento, la storia clinica, l’esame obiettivo all’ingresso in PS e l’elettrocardiogramma ci permettono già nelle prime fasi di distinguere una sincope ad alto rischio da una a basso rischio. Tuttavia ritengo che il medico del PS debba utilizzare al meglio i ferri del mestiere al fine di individuare o quanto meno ipotizzare precocemente la causa dell’evento sincopale, evitando al nostro pz un tour tra specialisti (cardiologo, neurologo, elettrofisiologo? Nei casi dubbi si ricovera in medicina!)
Personalmente do molta rilevanza all’anamnesi cercando di circostanziare con la maggiore precisione possibile, le caratteristiche dell’evento sincopale (avvalendomi dell’aiuto di testimoni diretti). Segue la registrazione dell’ECG, compresa la ricerca di pattern Brugada like o di displasia aritmogena del ventricolo destro (onda J, onda epsilon) e il massaggio del seno carotideo.  Utilizzo anche l’ega venoso per il dosaggio dei lattati (sempre elevati nelle crisi epilettiche), Hb ed elettroliti e ovviamente mi avvalgo della POCUS.
Uno sguardo al cuore e una CUS non si negano ad una sincope!
Gli esami di laboratorio confortano solo l’ipotesi diagnostica, nel cardiopatico già noto (o sospetto) doso la troponina, raramente chiedo il D-dimero preferendo orientarmi con la POCUS.
Concludo con un cenno sulla Tc encefalo che non viene citata nell’iter diagnostico della sincope: l’unica indicazione è per la TLOC post traumatica.
Sicuramente il paziente con perdita di coscienza rappresenta un’incognita per il medico di pronto soccorso, il cui corretto inquadramento diagnostico richiede una valutazione multiparametrica integrata e probabilmente anche un “istinto” allenato.

sabato 10 novembre 2018

Codici numerici e attesa massima di 4 ore, le proposte di riforma

In queste ore stanno circolando alcuni documenti prodotti dalla task force messa in atto dal Ministero della Salute contenenti alcune proposte (ancora in fase di definizione, come specificato dal ministero stesso) che verranno poste all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni circa la riorganizzazione dei Pronto soccorso. In particolare, due sono i percorsi che sono stati tracciati: il Triage e l’Osservazione Breve Intensiva.

Pronto soccorso, ecco le proposte di riforma del ministero della Salute

Dal documento emerge come il triage necessiti di una rimodulazione alla luce di due sostanziali motivazioni: da una parte l’assenza di un modello uniforme e condiviso su tutto il territorio nazionale ha indotto i professionisti a riflettere circa la necessità di stesura di un modello di riferimento, dall’altra la presenza di un progressivo sviluppo di sperimentazioni avanzate (fast-track e see and treat ha fatto emergere l’esigenza di individuare strumenti regolatori condivisi che garantiscano l’erogazione di una risposta assistenziale corretta ed appropriata.
Alla luce di queste due problematiche, il gruppo di lavoro ha proposto un nuovo sistema di triage che sia in grado di garantire uniformità su tutto il territorio nazionale, orientandosi ai nuovi problemi di salute della popolazione e che sia in linea con le evidenze scientifiche più recenti.
Questo nuovo sistema prevede che il la codifica si differenzi ulteriormente dagli attuali quattro codici (bianco, verde, giallo e rosso), introducendone un quinto.
Inoltre, la proposta prevede il passaggio dalla codifica di colore a quella numerica, assegnando dunque ai pazienti un numero che ne stabilisca la priorità di visita. Infine, anche i tempi massimi di presa in carico vengono normati nel dettaglio per ogni codice.
Nuova codifica di priorità e tempi massimi di attesa
CodiceDenominazioneDefinizioneTempo massimo di attesa
1EmergenzaInterruzione o compromissione
di una o più funzioni vitali
Ingresso immediato
2UrgenzaRischio di compromissione delle funzioni vitali
Condizione stabile con rischio
evolutivo o dolore severo
15 minuti
3Urgenza differibileCondizione stabile senza rischio evolutivo
con sofferenza e ricaduta sullo stato generale che
solitamente richiede prestazioni complesse
60 minuti
4Urgenza minoreCondizione stabile senza rischio evolutivo
che solitamente richiede prestazioni diagnostico terapeutiche
semplici mono-specialistiche
120 minuti
5Non urgenzaProblema non urgente o di minima rilevanza clinica240 minuti
La proposta ministeriale, oltre ai tempi previsti per la presa in carico del paziente, ha introdotto anche una linea di indirizzo circa il procedimento di rivalutazione del paziente durante l’attesa, attività che rimane sempre sotto responsabilità del triagista. In questo, la proposta è la seguente.
Modalità e tempi di rivalutazione
CodiceDenominazioneTempo massimo di attesaModalità di rivalutazione
1EmergenzaIngresso immediato, nessuna rivalutazione
2Urgenza15 minutiOsservazione diretta o video mediata
con monitoraggio costante delle condizioni
3Urgenza differibile60 minutiRipetizione di parte o tutte le fasi di valutazione:
- Su giudizio dell’infermiere di triage
- A richiesta del paziente
- Una volta trascorso il tempo di attesa massimo raccomandato
4Urgenza minore120 minuti
5Non urgenza240 minuti

Tempi di attesa in Pronto soccorso

In riferimento all’attesa del paziente, la proposta ministeriale contiene alcune indicazioni di massima per il confort del paziente durante questo delicato periodo, con l’autorizzazione alla frequentazione di questi spazi da parte di personale laico volontario appositamente formato il quale avrà il compito di rispondere tempestivamente ai bisogni di informazione e di accudimento del paziente e degli accompagnatori, fornendo se necessario indicazioni e raccogliendone le segnalazioni.
La proposta prosegue successivamente ponendo l’attenzione sulla necessità che sia dedicata particolare attenzione all’informazione dell’utente durante l’attesa (mediante anche brochure, videoterminali, cartellonistica) e sensibilizza i professionisti sanitari circa la precoce individuazione e presa in cura di fenomeni particolari quali maltrattamenti su minori, donne, anziani e disturbi acuti del comportamento nell’adulto e nel minore.
Oltre a ciò stabilisce gli ambiti formativi del corso teorico (16 ore) per essere abilitati alla funzione di triagista e definisce il periodo di affiancamento (36 ore) necessario per ricevere tale abilitazione, ponendo inoltre in evidenza la necessità che la formazione non si esaurisca col corso abilitativo, ma sia erogata in modo permanente al fine di mantenere costante l’aggiornamento del triagista.
Oltre alle tempistiche di presa in carico dopo il triage, la proposta del Ministero prevede delle tempistiche molto strette circa il tempo di permanenza del paziente presso il Pronto soccorso.
Tempi da rilevare
T0Presa in carico al triage
T1Inizio del percorso diagnostico-assistenziale 
fast track/see and treat/triage avanzato)
T2Inizio della prestazione medica
T3Esito della prestazione di pronto soccorso
T4Inizio dell’Osservazione Breve Intensiva
T5Termine dell’Osservazione Breve Intensiva

L’Osservazione Breve Intensiva

Il secondo documento ministeriale affronta l’organizzazione dell’attività dell’Osservazione Breve Intensiva (OBI), ovvero quella modalità di gestione delle emergenze-urgenze per pazienti con problemi clinici acuti ad alto grado di criticità, ma a basso rischio evolutivo, oppure a bassa criticità ma con potenziale rischio evolutivo, aventi un’elevata probabilità di reversibilità, con necessità di un iter diagnostico e terapeutico non differibile e/o non gestibile in altri contesti assistenziali.
Ecco dunque che le funzioni dell’OBI si realizzano in:
  • Osservazione clinica
  • Terapia a breve termine di patologie a complessità moderata
  • Possibilità di approfondimento diagnostico-terapeutico finalizzato al ricovero appropriato o alla dimissione

Dotazioni standard di postazioni, tecnologie e personale

La proposta normativa entra successivamente nel dettaglio di quelle che dovranno essere le dotazioni standard di postazioni, tecnologie e personale.
Con particolare riferimento a quest’ultima dotazione, la proposta di composizione organica dell’OBI, in correlazione alle sue postazioni, è riassunta come segue.
Dotazione organica OBI
Fino a 4 postazioniDa 5 a 8 postazioniDa 9 a 15 postazioni
Medico1 unità (in condivisione col Ps)1 unità dedicata per lameno 8 ore diurne non continuative (in condivisione nelle restanti ore)1 unità dedicata nelle 12 ore diurne non continuative (in condivisione nelle ore notturne)
Infermiere1 unità (in condivisione col Ps)1 unità h242 unità h24
OSS1 unità nelle 12 ore diurne (in condivisione col Ps nelle ore notturne)1 unità nelle 12 ore diurne (in condivisione col Ps nelle ore notturne)1 unità h24

Ricovero e il limite delle 8 ore

In riferimento ai tempi di permanenza in Pronto soccorso, la proposta normativa ministeriale prevede qui una specificazione sostanziale in quanto si stabilisce che il tempo di permanenza in Pronto soccorso di un paziente destinato al ricovero non deve superare le 8 ore dal momento della presa in carico in Triage.
Questo limite è stato giustificato per evitare che l’eccessiva permanenza in Pronto soccorso dei pazienti in attesa di ricovero determini ricadute negative sull’organizzazione e l’aumento del rischio clinico.
In questo caso, la proposta ministeriale è perentoria: In caso di superamento di tale limite, il medico di Pronto soccorso provvederà ad effettuare il ricovero a carico dell’unità operativa di destinazione che, da quel momento, assume la completa responsabilità gestionale del paziente.
Dunque, il paziente viene ricoverato in reparto senza che vi sia la necessità di verificare la presenza del posto letto. A questo punto, un escamotage potrebbe essere quello di mettere il paziente in OBI in attesa che il reparto liberi il posto letto e sia pronto ad accoglierlo: negativo, la proposta ministeriale vieta questa pratica in quanto, tra i criteri di non immissione in OBI, è presente la “carenza di posti letto in altre unità operative, in attesa di ricovero del paziente”.

giovedì 8 novembre 2018

Sintomi e cause di arresto respiratorio

L’arresto respiratorio è una condizione urgente in quanto comporta la totale cessazione dell’attività respiratoria e, se non trattato, porta entro qualche minuto all’arresto cardiaco. Inoltre, la cessazione della ventilazione per tempi maggiori a 5 minuti comporta dei danni neurologici che possono essere irreversibili e la cui gravità dipende dal periodo in cui l’anossia ha danneggiato l’encefalo. Le cause di arresto respiratorio possono essere riassunte in tre macrocategorie: ostruzione delle vie aeree, diminuito riflesso centrale e inefficacia dei muscoli respiratori.

Arresto respiratorio da ostruzione delle vie aeree

L’ostruzione delle vie aeree può interessare sia le vie aeree superiori che quelle inferiori. Per quanto riguarda le alte vie (tutte le strutture fino alla laringe), l’arresto respiratorio può avvenire in presenza di molteplici fattori favorenti l’ostruzione.
Innanzitutto è possibile che si presenti nei neonati con età inferiore a 3 mesi con blocco nasale, in quanto a quest’età la respirazione avviene esclusivamente attraverso il naso.

Arresto respiratorio da ostruzione delle vie aeree superiori

A tutte le età, invece, è possibile che l’ostruzione delle vie aeree superiori avvenga in concomitanza di una riduzione di coscienza: durante ciò, la perdita della tonicità muscolare della lingua fa sì che questa struttura si poggi nell’orofaringe, ostacolando in questo modo il passaggio dell’aria.
Altri fattori contribuenti l’ostruzione delle vie aeree superiori sono la presenza di sanguemuco o vomito nella cavità orale: specialmente nei pazienti con incapacità di mantenere pervie le vie aeree mediante il riflesso di deglutizione per diminuito contenuto di coscienza, la presenza di questi liquidi può occluderle in quanto si accumulano nelle alte vie respiratorie.
Nelle età estreme una causa molto frequente di arresto respiratorio è rappresentata dall’inalazione di corpi estranei, i quali possono causare un’occlusione completa delle vie respiratorie.
Un ulteriore motivo di ostruzione è rappresentato dallo spasmo delle corde vocali (laringospasmo), ovvero una contrazione spasmodica dei muscoli della laringe per cause quali infezioni, infiammazioni o allergie, condizioni che provocano una contrazione delle corde vocali e quindi un’ostruzione del flusso aereo.
Il meccanismo, in questo caso, è simile a quello di altre condizioni di infiammazione delle alte vie respiratorie quali l’epiglottite e la laringotracheobronchite acuta.
Tutte quelle menzionate sinora sono prevalentemente patologie coinvolgenti le vie aeree internamente, mentre altre cause possono occludere le vie aeree dall’esterno: è il caso, ad esempio, delle neoplasie del collo, le quali possono coinvolgere molteplici strutture (bocca, lingua, gengive, faringe, laringe, naso, seni paranasali, tiroide, ghiandole salivari).
Altra causa estrinseca di ostruzione delle alte vie respiratorie è il trauma, specialmente quando coinvolge il massiccio facciale o direttamente il collo.
Mentre quando il colpo subito coinvolge il collo può esserci la rottura della trachea o l’ostruzione della stessa per mezzo dell’edema secondario ad esso, i traumi al massiccio facciale possono ostruire le vie respiratorie per mezzo della dislocazione di dentisanguinamento o perdita delle strutture anatomiche.
Infine, è bene ricordare come i pazienti con disturbi congeniti dello sviluppo spesso presentino delle anomalie delle vie aeree superiori che ne facilitano l’ostruzione.

Arresto respiratorio da ostruzione delle vie aeree inferiori

In riferimento alle vie aeree inferiori (trachea e bronchi), l’arresto respiratorio da ostruzione delle stesse può essere dovuto a diverse cause. Innanzitutto, la prima è dovuta all’inalazione di materiale quale vomito o sangue: questa condizione avviene soprattutto nei pazienti con alterato stato di coscienza, in quanto non riuscendo a deglutire inalano nelle vie respiratorie questi fluidi.
In secondo luogo, una patologia che può portare alla chiusura delle basse vie respiratorie è il broncospasmo, ovvero la riduzione del calibro dei bronchi dovuta ad una contrazione anomala della muscolatura liscia che circonda la parete bronchiale. Tale manifestazione può essere causata da infiammazioni, esercizio fisico o iperreattività bronchiale.
Ulteriori cause di ostruzione delle vie aeree inferiori sono tutte quelle patologie da riempimento degli spazi aerei: è il caso della polmonite, dell’edema polmonare o dell’emorragia polmonare. Infine, ultima causa è rappresentata dall’annegamento.

Arresto respiratorio da diminuito riflesso centrale

La diminuzione del riflesso centrale del respiro è causata dall’interessamento del Sistema Nervoso Centrale per effetto di diverse tipologie di disturbi. In primo luogo, la depressione della respirazione può avvenire a causa di malattie del sistema nervoso centrale.
In questo caso, sono coinvolte tutte le patologie che, interessando il tronco encefalico, possono causare una severa ipoventilazione che può arrivare all’arresto respiratorio: eventi cerebrovascolari acuti (ictus ed emorragia cerebrale), infezioni (encefalite, meningite), neoplasie cerebrali e traumi diretti del rachide cervicale.
Altra causa di diminuzione del riflesso centrale della respirazione è la somministrazione di alcune tipologie di farmaci che, tra i vari effetti, deprimono i centri di controllo del respiro. Fondamentalmente, esistono tre classi dove porre particolare attenzione durante la somministrazione.
OppiaceiBarbituriciBenzodiazepine
Azione depressiva sul centro del respiroDepressione globale del sistema nervoso centraleAzione depressogena a livello dei centri bulbari del respiro
Terza causa di depressione a livello centrale della respirazione è rappresentata dalle sostanze tossiche; nel dettaglio, sono due i principali tossici da menzionare: l’alcol e le sostanze stupefacenti.
Per quanto concerne l’alcol (etanolo), esso possiede un’azione depressiva sul sistema nervoso centrale, ivi compresi i centri del respiro. Oltre a questo effetto diretto, il paziente intossicato da alcol può presentare nausea e vomito, aumentando il rischio di aspirazione dovuto a riduzione dei riflessi protettivi.
Nel caso delle sostanze stupefacenti, tale azione è posseduta da tutte e tre le tipologie di sostanze: oppiacei (oppio, morfina, eroina e metadone), stimolanti (cocaina, anfetamine e crack) e cannabinoidi (marijuana, hashish e olio di hashish).
Quarti e ultimi motivi di depressione del riflesso centrale sono i disordini metabolici. In particolare, due sono i principali: la severa ipoglicemia e l’ipotensione.
Per quanto riguarda l’ipoglicemia, è bene ricordare come il metabolismo del cervello dipenda principalmente dal glucosio come fonte di energia.
A differenza di altri organi che sono in grado di immagazzinare una certa quantità di glicogeno come riserva cui attingere se la glicemia scende troppo, il cervello non possiede alcuna riserva e dipende interamente dal sangue per il rifornimento di glucosio necessario, che arriva ai neuroni e alle altre cellule nervose per diffusione dai capillari.
Per questi motivi, se la concentrazione di glucosio nel sangue diminuisce, il cervello è il primo organo a risentirne. In corso di ipoglicemia grave e prolungata, l’attività del sistema nervoso centrale può arrivare ad arrestarsi, causando in questo modo l’arresto respiratorio.
Secondo disordine metabolico è rappresentato dall’ipotensione: questa condizione, difatti, provoca un’ipoperfusione cerebrale che, nei casi più gravi, può portare all’anossia, deprimendo quindi le attività del SNC.

Arresto respiratorio per inefficacia dei muscoli respiratori

L’ultimo gruppo di cause che portano all’arresto respiratorio sono rappresentate da molteplici patologie che possono condurre a un’inefficacia della muscolatura respiratoria.
In primo luogo, il primo insieme di patologie è rappresentato dalle malattie neuromuscolari. Oltre a quelle organiche e farmacologiche, che verranno trattate in seguito, meritano particolare attenzione quelle di origine traumatica, le quali sono dovute alla presenza di una lesione del midollo spinale.
In caso di lesione incompleta tra C1 e C3 vi può essere una compromissione della funzionalità diaframmatica con severe ripercussioni sulla dinamica ventilatoria; la tosse, inoltre, è assolutamente inefficace e ciò causa un accumulo delle secrezioni nella cavità orale che, se non aspirate, possono portare all’ostruzione delle vie aeree.
Una lesione tra C4 e C8 non compromette l’attività̀ del diaframma, ma la paralisi della muscolatura accessoria della respirazione (in particolare gli intercostali e gli addominali) rende poco efficace il meccanismo della tosse.
Una lesione dorsale (tra D1 e D12) determina la paralisi della muscolatura intercostale e addominale: al di sopra di D8 la tosse è scarsamente efficace, mentre nelle lesioni più̀ basse la funzione ventilatoria può considerarsi praticamente normale.
In riferimento alle malattie neuromuscolari organiche, sono principalmente quattro quelle che possono portare all’inefficacia della muscolatura respiratoria:
Miasetenia gravisBotulismoPoliomieliteSindrome di GuillainBarré
Caratterizzata da debolezza muscolare (ipostenia o miastenia)
fluttuante e affaticabilità, può causare
arresto respiratorio qualora coinvolga i muscoli coinvolti nella respirazione
Provocato dall'ingestione di alimenti nei quali è presente
la tossina del Clostridium botulinum, batterio Gram+.
Tale tossina provoca una paralisi flaccida discendente che
parte dai muscoli del collo interessando poi in seguito i muscoli facciali,
il controllo della deglutizione e i muscoli respiratori
Malattia virale acuta che comporta debolezza muscolare e paralisi flaccida acutaRadicolo-polinevrite acuta che si manifesta con paralisi progressiva
agli arti con andamento disto-prossimale (di solito prima le gambe e poi le braccia).
Può causare l’arresto respiratorio qualora
vi sia un interessamento dei muscoli respiratori.
Sebbene non siano vere e proprie malattia neuromuscolari, in questa categoria rientrano anche i curari, ovvero dei farmaci che sono in grado di bloccare la fascia neuromuscolare, e il gas nervino, il cui effetto tossico si basa sull'inattivazione transitoria o irreversibile dell'enzima acetilcolinesterasi, il quale degrada l'acetilcolina, enzima che media la trasmissione degli impulsi dal sistema nervoso al muscolo nella placca neuromuscolare.
Ulteriore causa di inefficacia dei muscoli respiratori è l’esaurimento, il quale può verificarsi qualora il paziente respiri per lunghi periodi a una ventilazione minuto superiore al 70% della sua ventilazione volontaria massimale.
Questa condizione può avvenire in corso di grave acidosi metabolica, durante la quale l’organismo iperventila per eliminare CO2 in modo tale da compensare il pH, oppure in corso di ipossiemia, in quanto il paziente cerca di introdurre maggiore O2 attraverso l’iperventilazione.
Ultima causa di inefficacia della muscolatura accessoria è rappresentata dai tossici, in particolare dal gas nervino.