L’intraossea, o accesso intraosseo, consiste in una procedura di accesso vascolare che vede il coinvolgimento dei vasi sanguigni presenti nello spazio midollare delle epifisi di alcune ossa lunghe, con lo scopo di gestire una situazione di emergenza, nella quale la via del reperimento di un accesso venoso necessario al supporto delle funzioni vitali non sia praticabile in altra maniera.
Accesso intraosseo, cos'è, quando e come si utilizza
In un contesto di emergenza, in presenza di difficoltà a reperire un accesso venoso, l’intraossea si pone come una strategia rapida ed efficace su cui si dovrebbe investire.
L’accesso intraosseo è infatti una procedura veloce e sicura e risulta essere una valida alternativa all’accesso venoso. Attraverso la via intraossea infatti è possibile somministrare farmaci, cristalloidi, colloidi, derivati del sangue e mezzi di contrasto e può essere utilizzato per il prelievo ematico venoso.
Nonostante le indicazioni di numerose linee guida e di abbondante letteratura a riguardo, l’intraossea resta una tecnica scarsamente utilizzata e presa in considerazione solo come ultima risorsa per mancanza di conoscenza a riguardo e per poca disponibilità di materiale.
Eppure, soprattutto nell’emergenza extraospedaliera, è da preferire all’accesso venoso centrale (CVC) in quanto più rapido (tempo di posizionamento dai 4 ai 10 secondi, a seconda del dispositivo), con maggior probabilità di successo al primo tentativo e con minor numero di complicanze.
Accesso intraosseo, le indicazioni
In emergenza, dopo due tentativi falliti di incannulazione venosa periferica o dopo 90 secondi, in un paziente con uno tra i seguenti problemi:
- GCS<9
- arresto cardiaco
- insufficienza respiratoria grave
- shock
- stato di male epilettico
- intossicazione che richiede immediata infusione di antidoto.
In urgenza l’intraossea è indicata nei pazienti obesi o tossicodipendenti, dopo vani e ripetuti tentativi di reperire un accesso venoso periferico, ed in ogni paziente che necessiti di accesso infusionale non reperibile diversamente.
Le situazioni cliniche di maggior utilizzo sono:
- la rianimazione cardiopolmonare adulta e pediatrica
- lo shock settico pediatrico
- l'ipovolemia traumatica.
Accesso intraosseo, un po’ di anatomia
Ricordiamo che il midollo osseo è altamente vascolarizzato ed è connesso al sistema vascolare centrale attraverso numerosi canali venosi midollari.
Grazie alla presenza di una fitta trabecolatura che lo circonda, il midollo risulta essere una vena incollassabile anche in situazioni di shock e grave ipovolemia.
La presenza delle trabecole determina però un’importante resistenza al flusso che va dal midollo alla circolazione sistemica, motivo per il quale l’inizio dell’infusione deve essere preceduta da un flush di circa 10 ml per rompere la resistenza delle trabecole ossee; senza il flush iniziale il flusso infusionale rimane molto basso.
Inoltre, per lo stesso motivo, si rende necessario l’uso di sacche a pressione per raggiungere flussi infusionali soddisfacenti.
I sistemi di accesso intraosseo
Si dividono in sistemi manuali e sistemi semiautomatici.
I sistemi manuali sono costituiti da aghi di grosso calibro dotati di mandrino metallico antiostruzione rimovibile, derivati da sistemi per biopsia midollare. I più diffusi in commercio sono l’ago di Dieckmann modificato e l’ago di Jamshidi. Entrambi utilizzabili sia per adulti che per pediatrici.
I sistemi semiautomatici sono sistemi provvisti di meccanismi meccanici che facilitano l’ingresso dell’ago nello spazio intraosseo. In commercio sono disponibili:
- il sistema FASTx, utilizzabile esclusivamente per via sternale. Esso è dotato di una guida che contiene il dispositivo di infusione. Premendo la guida sul sito di inserzione si innesta nel tessuto osseo; successivamente si rimuove la guida, mentre il dispositivo resta in sede;
- il sistema BIG (Bone Injection Gun), grazie al quale l’ago viene inserito per mezzo di un meccanismo a molla precaricata con il quale però bisogna prediligere la tibia prossimale come sito di inserzione (rispetto all’EZ-IO sono riportate in letteratura una maggior quantità di complicanze);
- il sistema EZ-IO, unico riutilizzabile, grazie al quale l’ago viene inserito per mezzo di un trapano elettrico. È considerato il dispositivo più preciso e più semplice da usare.
Conferma del corretto posizionamento dell’intraossea
Come riusciamo a capire se la procedura è stata eseguita correttamente e l’ago è ben posizionato?
Se si avverte un’improvvisa perdita di resistenza al momento dell’inserzione, se l’ago ha la capacità di rimanere infisso nell’osso senza supporto, in presenza di possibilità di aspirare facilmente sangue dall’ago con una siringa, in assenza di rigonfiamento sottocutaneo dopo infusione di qualche ml di liquido e se abbiamo bassa resistenza al flusso dopo l’inizio dell’infusione, allora possiamo essere sicuri del corretto posizionamento.
Le complicazioni dell’accesso intraosseo
Sono rare e riguardano meno dell’1% di tutti i posizionamenti.
La più comune complicazione è la sindrome compartimentale dell’arto successiva a stravaso extraosseo sottocutaneo dell’infusione.
Altre complicanze sono legate all’utilizzo prolungato oltre le 24 ore.