La caduta dei pazienti è uno degli eventi avversi maggiormente ricorrenti in ambito intraospedaliero. Il Ministero della Salute ha pubblicato nel 2015 il suo ultimo rapporto[1] relativo a tutti gli eventi sentinella segnalati dalle strutture sanitarie e raccolti nel SIMES (Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità) dal settembre 2005 al dicembre 2012. In sette anni il maggior numero di segnalazioni ha riguardato l’evento caduta dei pazienti con 451 casi, indicando come il problema delle cadute sia ancora rilevante nelle strutture sanitarie. La raccomandazione ministeriale n. 13 del 2011 per la “Prevenzione e la gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie” ha evidenziato come gran parte dei casi di caduta in ospedale sia classificabile come accidentale e, dunque, possa essere prevenuto.
Oltre a danni di tipo fisico e psicologico, le cadute avvenute in un contesto ospedaliero comportano un aumento della degenza, attività diagnostiche e terapeutiche aggiuntive con un incremento dei costi sanitari e sociali. La caduta del paziente non è da sottovalutare considerando che può causare gravi traumi al paziente fino al decesso, per esempio in caso di trauma cranico, soprattutto in soggetti molto anziani.
Misure preventive
L’Infermiere/Coordinatore infermieristico è tenuto a mettere in atto opportune misure preventive per evitare le cadute nei soggetti a rischio.[2]In particolare:
- Raccomanda la presenza, per pazienti ad alto rischio, di familiari/caregiver e rilascia l’autorizzazione a rimanere in reparto al di fuori dell’orario di visita prestabilito
- Programma la somministrazione di fluido terapia al fine di non forzare la diuresi nelle ore serali o notturne (ad eccezione dei pazienti cateterizzati). Infatti il periodo notturno risulta essere particolarmente a rischio data la bassa luminosità notturna degli ambienti
- Evita, su parere medico, somministrazioni ripetute nel corso delle 24 ore di sedativi limitandone l’utilizzo alle ore notturne
- Su soggetti ad altissimo rischio, riduce (ove possibile) l’altezza del letto da terra, attua interventi di contenzione e/o limitazione della libertà di movimento secondo istruzione operativa aziendale.
Il medico valuta il profilo di rischio per gli ambiti clinici di competenza e programma interventi di riduzione del rischio come la contenzione e/o la limitazione della libertà di movimento.[3]
Vediamo di seguito le responsabilità civili e penali a cui possono andare incontro gli operatori e la struttura sanitaria in caso di caduta del paziente in ospedale.
Responsabilità civile degli operatori
Qualora il Giudice rilevi un nesso di causalità tra la condotta dell’operatore e il danno subito dal paziente questi è tenuto al risarcimento del danno (responsabilità civile). in caso di condanna al risarcimento dei danni per colpa lieve l’operatore sarà “coperto” dall’Azienda Sanitaria.[4] In caso di condanna per colpa grave, invece, l’Azienda sarà tenuta a risarcire il paziente ma poi sarà obbligata a rivalersi sul professionista per il recupero delle somme versate (rivalsa). Per ovviare a questo problema la legge 24/2017 (“legge Gelli”)[5] ha previsto l’obbligo per ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in strutture o in enti privati, di provvedere alla stipula, con oneri a proprio carico, di un’adeguata polizza di assicurazione.
Responsabilità penale degli operatori
In caso di danno al paziente, laddove di evidenzino proprie responsabilità, gli operatori sanitari rispondono in sede penale per due fattispecie di reato: lesioni personali colpose ed omicidio colposo. Quest’ultimo è contemplato all’art. 589 del codice penale: “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni (omissis) …”. Purtroppo è presente una discreta casistica riguardante operatori sanitari condannati per omicidio colposo a seguito della caduta del paziente. Nel 2013 un’infermiera di una UTIC è stata condannata per omicidio colposo per la caduta di un paziente dal letto con conseguente decesso per trauma cranico. La motivazione è stata la mancata apposizione, da parte dell’imputata, delle spondine al letto.[6] Sempre nel 2013 un infermiere è stato condannato per omicidio colposo perché, incaricato del trasferimento in barella di una paziente da un reparto ad un altro dello stesso ospedale, cagionava il decesso della medesima facendola rovinare al suolo.[7]
Responsabilità civile della struttura
Si configura responsabilità civile a carico dell’azienda[8] [9] in caso di inadeguata manutenzione degli ambienti della struttura sanitaria (ad esempio insidie, buche, pavimenti scivolosi, ecc.) in quanto la stessa è tenuta a provvedere ad una diligente gestione e manutenzione programmata dei propri beni al fine di evitare il prodursi di un danno all’utente o quanto meno contenerlo.[10]
Responsabilità penale della struttura
Le Direzioni Aziendali sono tenute al rispetto della suddetta Raccomandazione ministeriale “Prevenzione e la gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie”. La Raccomandazione si applica in tutte le strutture sanitarie in cui venga prestata assistenza, sia in ambito acuto che cronico (strutture ospedaliere, di riabilitazione, di lungodegenza, case di riposo, comunità terapeutiche, ecc.), si rivolge agli operatori coinvolti nelle attività, a tutela dei pazienti fruitori di prestazioni sanitarie. Sulla base della legge Gelli, poiché le raccomandazioni sono un preciso orientamento per i professionisti sanitari (in attesa delle linee guida specifiche che saranno pubblicate nel Sistema Nazionale Linee Guida)[11] il mancato rispetto potrebbe avere rilevanza penale ai sensi dell’art. 6 della stessa legge Gelli.