In particolare, la valutazione e la correzione dei problemi che si possono trovare nei primi tre step rappresentano il cardine su cui si basa l’assistenza al paziente ustionato.
L'ABC al paziente ustionato
A: vie aeree
Poiché il processo ustionante può determinare un’importante edema, le vie aeree superiori sono esposte con estrema facilità al rischio di ostruzione. In questo è bene tenere a mente che tutto ciò che si edemizza visivamente (collo, lingua, labbra) si edemizza anche internamente (laringe e glottide).
I segni di
ostruzione delle vie aeree possono essere subdoli finché non diventano drammaticamente conclamati, rendendo molto difficile la messa in sicurezza delle vie aeree. Occorre pertanto valutare con notevole precocità la necessità di procedere ad un’
intubazione endotracheale anche se il paziente apparentemente riesce a garantire in quel momento la pervietà delle sue vie aeree.
Gli elementi che incrementano il rischio di ostruzione delle vie aeree sono:
Estensione e profondità delle ustioni
Coinvolgimento del capo e del volto
Presenza di lesioni da inalazione
Presenza di ustioni all’interno del cavo orale.
Le ustioni localizzate al volto e alla regione orale determinano un edema locale che costituisce un grave rischio per la pervietà delle vie aeree nell’adulto, ma ancora di più nel bambino, in quanto in questa particolare categoria di pazienti le vie aeree possiedono dimensioni più ridotte.
Nel bambino, inoltre, l’anatomia rende impossibile l’esecuzione di un accesso chirurgico delle vie aeree in urgenza (
cricotiroidotomia ). Per questo motivo è indispensabile assicurare precocemente una via aerea definitiva sin dal primo sospetto di rischio di ostruzione.
Oltre al danno diretto operato dal calore sulle vie aeree è necessario individuare precocemente quelle che sono le lesioni da inalazione .
La loro identificazione è prevalentemente dettata dalla presenza di uno o più dei seguenti reperti clinici:
Ustioni al volto e/o al collo
Bruciature delle sopracciglia e delle vibrisse nasali
Depositi carbonacei orali e nasali e sputo carbonaceo
Alterazioni infiammatorie acute dell’orofaringe, incluso l’eritema
Raucedine
Anamnesi di alterazione dello stato di coscienza e/o confinamento in un ambiente chiuso, sede dell’incendio
Esplosione con ustioni al capo ed al tronco
Livelli di carbossiemoglobinemia superiori al 10%, se il paziente è stato coinvolto in un incendio.
Il riscontro anche di uno solo di questi reperti impone il trasferimento verso un
centro specializzato per ustionati . Se il tempo necessario previsto per effettuare il trasferimento è prolungato, prima del trasporto occorre procedere all’intubazione endotracheale per proteggere le vie aeree, specialmente se lo stesso viene operato mediante l’utilizzo dell’
elicottero .
Lo stridore , che è un segno tardivo, costituisce da solo un’indicazione all’intubazione endotracheale immediata.
È bene ricordare inoltre come le ustioni circonferenziali del collo possono determinare edema dei tessuti molli che circondano le vie aeree; pertanto anche in questa situazione è indicata l’intubazione precoce.
Se non effettuata, il paziente può manifestare la necessità quando la manovra a causa dell’edema può risultare difficile se non impossibile.
B: respirazione
Le lesioni termiche dirette che coinvolgono le basse vie aeree sono molto rare e solitamente si verificano in seguito ad esposizione a vapori ad altissime temperature o per combustione di gas infiammabili.
In generale, l’apparato respiratorio può essere interessato con tre modalità: ipossia, avvelenamento da monossido di carbonio ed inalazione di fumi.
Ipossia
L’ipossia può essere dovuta da lesioni da inalazione, deficit della meccanica ventilatoria conseguente ad ustioni interessanti il torace o da lesioni traumatiche toraciche non correlate alle ustioni (ad. esempio dovute a un’esplosione).
Indipendentemente dal fatto che il paziente venga o meno intubato, deve essere somministrato sin da subito
ossigeno supplementare ad alti flussi.
Intossicazione da monossido di carbonio
Per quanto concerne l’intossicazione da monossido di carbonio (CO ), questa condizione deve essere sempre sospettata in tutti quei pazienti che abbiano subito ustioni in ambienti confinati.
La diagnosi di avvelenamento da CO è rapida in quanto è sufficiente un’
emogasanalisi per la valutazione dei livelli di
carbossiemoglobina (
HbCO ).
I pazienti con livelli inferiori al 20% generalmente non presentano sintomi obiettivabili, mentre livelli superiori di CO possono determinare:
Cefalea e nausea (HbCO 20-30%)
Stato confusionale (HbCO 30-40%)
Coma (HbCO 40-60%)
Morte (HbCO > 60%)
Il riscontro di cute rosso ciliegia , spesso descritto nei libri di testo come segno di intossicazione, è molto raro e si osserva quasi esclusivamente nei pazienti preagonici.
Nel sospetto di esposizione a CO deve essere erogato ossigeno ad alti flussi attraverso una
maschera con valvola unidirezionale , in modo tale da sostituire la CO che ha occupato i legami dell’emoglobina con l’ossigeno.
Il trattamento tempestivo delle lesioni da inalazione può richiedere intubazione endotracheale e
ventilazione meccanica . Peculiare caratteristica di questa condizione è che, nel sospetto di una lesione delle prime vie aeree, l’intubazione deve essere eseguita precocemente e, considerando l’elevata probabilità di dover eseguire successivamente una broncoscopia, occorre utilizzare un tubo endotracheale di diametro adeguato.
Inalazione di fumi
Sempre per quanto riguarda la gestione della respirazione, è importante individuare l’inalazione di prodotti della combustione, come particelle di carbone e fumi tossici, in quanto questi pazienti presentano una mortalità doppia rispetto a quella degli ustionati di pari età e superficie corporea interessata che non abbiano avuto lesioni da inalazione.
Questo avviene in quanto si forma un deposito di particelle nei bronchioli distali che comporta danno e morte delle cellule mucose stesse. In questo modo si instaura un aumento della risposta infiammatoria che, a sua volta, comporta un incremento della permeabilità capillare ed un peggioramento della diffusione dell’ossigeno.
Ulteriore problematica derivante da questa condizione è la disepitelizzazione delle cellule necrotiche , la quale può determinare un’ostruzione meccanica delle vie aeree che, unita ad immunodepressione, comporta un aumento del rischio di polmonite.
Da un punto di vista assistenziale, il trattamento delle lesioni da inalazione di fumi è esclusivamente di supporto.
Un paziente con elevate probabilità di lesioni da inalazione associate a gravi ustioni deve essere intubato e, qualora le condizioni emodinamiche lo consentano e sia stata esclusa una lesione del rachide, deve essere posizionato con il sollevamento del capo e del torace di 30°.
Questa postura agevola la riduzione dell’edema del collo e della parete toracica. Infine, anche in assenza di ustioni circonferenziali, nel caso in cui ustioni a tutto spessore della parete toracica anteriore e laterale comportino un grave impedimento all’escursione toracica, può essere opportuno eseguire un’escarotomia.
C: circolo
La volemia è uno dei parametri più difficili da valutare nei pazienti ustionati gravi in quanto essi possono presentare lesioni associate in grado di contribuire all’ipovolemia.
Nei pazienti gravemente ustionati può essere difficile misurare per oggettive difficoltà pratiche la
pressione arteriosa non invasiva e i valori possono non essere attendibili ma, in assenza di diuresi osmotica (ad esempio glicosuria), il monitoraggio della diuresi oraria consente di valutare in maniera attendibile la volemia ed è, pertanto, opportuno posizionare precocemente un
catetere vescicale con urinometro.
In particolare, è bene ricordare come l’ipotensione si presenti tardivamente nel paziente ustionato, ovvero nelle successive 24 ore rispetto all’evento traumatico. Una sua presentazione precoce impone la ricerca di altre cause della stessa in quanto non direttamente correlabile all’ustione. Ad esempio, se avvenuta in modo traumatico (esplosione, caduta, ecc.), vanno escluse tutte le cause di possibile emorragia interna.
La formula di Parkland
La quantità di liquidi da somministrare all’ustionato si basa sulla formula di Parkland , la quale prevede che, al fine di garantire un adeguato volume circolante ed una sufficiente perfusione renale, occorre infondere - nelle prime 24 ore - da 2 a 4 ml di Ringer lattato per chilogrammo di peso corporeo per percentuale di superficie corporea interessata da ustioni di secondo e terzo grado.
Il volume di liquidi così calcolato deve essere infuso per la sua metà nelle prime 8 ore dopo l’evento lesivo e il rimanente nelle successive 16 ore.
È importante comprendere che queste formule servono unicamente a dare una stima del quantitativo di liquidi con cui iniziare l’infusione. Il quantitativo di liquidi dovrà per questo motivo essere regolato in base all’obiettivo di mantenere una diuresi oraria di 0,5 ml/kg/h per gli adulti e di 1 ml/kg/h per i bambini con peso inferiore ai 30 kg.
Per questo motivo la velocità di infusione non deve basarsi sul tempo trascorso dall’evento lesivo all’inizio del trattamento, bensì in base alla risposta urinaria .
Per quanto riguarda la scelta dell’incannulazione venosa, ogni paziente che presenti ustioni estese a più del 20% della superficie corporea necessita precocemente di due accessi venosi di grosso calibro (almeno 16 G). Se l’estensione delle ustioni preclude l’utilizzo di un’area cutanea indenne, la cannula può essere introdotta attraverso la cute ustionata in una vena accessibile.
In questa fase è inoltre importante tenere in considerazione che la correzione dell’ipovolemia è solamente una delle procedure da mettere in atto in ambiente intensivo. Questo in quanto possono verificarsi altre problematiche, quali ipossia e
alterazioni elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base, che possono comportare aritmie molto gravi, le quali devono essere individuate e monitorizzate mediante tracciato elettrocardiografico continuo.
Bibliografia
American College of Surgeons Committee on Trauma. Advanced trauma life support (ATLS). Manuale Studenti. Nona edizione. Chicago, 2013